Leggi & Norme
Normativa Regione Umbria Vigente
Legge Regionale 9 Aprile 2015 n.12 - Consiglio Regionale dell'Umbria
Tutto inizia con un'idea.
Normativa Regionale Pregressa
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"Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi"
[Ulteriore integrazione della Legge Regionale n. 6, del 28 Febbraio 1994]
Articolo 1
Al comma 5 dell'articolo 10 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6, sono aggiunte le seguenti parole: "anche in deroga a quanto previsto dal precedente comma 4".
La presente Legge Regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge della Regione dell'Umbria.
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Legge Regionale n. 10 del 26 Marzo 1997
“Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi”
[Modificazioni ed integrazioni della Legge Regionale n.6, del 28 Febbraio 1994]
Articolo 1
Il comma 2 dell'articolo 3 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 viene così modificato:
Le Comunità montane, su parere della competente commissione autorizzano la delimitazione delle tartufaie attraverso la tabellazione.
Articolo 2
Il comma 2 dell'articolo 4 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
La delimitazione non può comprendere, in ogni caso, argini e sponde di corsi d'acqua pubblici.
Articolo 3
Il comma 2 dell'articolo 5 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
I miglioramenti vanno eseguiti a regola d'arte e ripetuti nei tempi prescritti, nell'ambito della superficie delle tartufaie, secondo le previsioni del piano quinquennale. Il piano è presentato dal conduttore all'atto della richiesta di riconoscimento e da esso debbono risultare, fra l'altro, i dati di raccolta relativi alla produzione media annua di tartufi riferiti al medesimo impianto.
Al comma 5 dell'articolo 5 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 la parola " triennale" è sostituita da "quinquennale".
Articolo 4
Al comma 1 dell'articolo 9 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è abrogato il secondo capoverso.
Alla lettera b. del comma 2 dell'articolo 9 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 la parola "triennale" è sostituita da "quinquennale".
Il comma 3 dell'articolo 9 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
A seguito del riconoscimento delle tartufaie controllate o coltivate la Comunità montana competente per territorio assegna agli aventi diritto un congruo numero di tabelle, conformemente al comma 3 dell'articolo 3 della Legge 16 Dicembre 1985, n. 752, previo versamento della somma stabilita alla tesoreria della competente Comunità montana, nell'apposito conto corrente.
Il comma 5 dell'articolo 9 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Il riconoscimento delle tartufaie controllate ha validità quinquennale ed è rinnovabile previa verifica da parte della commissione tecnica di cui all'articolo 6.
Articolo 5
Il comma 4 dell'articolo 10 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Nelle aziende faunistico-venatoria e agro-turistico venatorie l'attività di ricerca e raccolta è consentita, secondo le modalità di cui al comma 3, con l'ausilio di un solo cane per cercatore, esclusivamente nei giorni di silenzio venatorio.
Articolo 6
Al comma 8 dell'articolo 12 della Legge Regionale n. 28 Febbraio 1994, n. 6 è soppresso il primo capoverso.
Articolo 7
Il comma 4 dell'articolo 13 della Legge Regionale n. 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Il tesserino è rilasciato dalla Comunità montana competente per territorio ed è valido per tutto il territorio nazionale. La sua efficacia è di cinque anni, al termine dei quali il titolare può richiedere alla competente Comunità montana, entro il 31 Dicembre dell'anno di scadenza, la convalida per il quinquennio successivo mediante l'apposizione del timbro datario e previo versamento della tassa annualmente dovuta.
Articolo 8
Il comma 1 dell'articolo 15 della Legge Regionale n. 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
La Regione, limitatamente alle esigenze di sperimentazione, e le Comunità montane, per quanto riguarda la tutela e la valorizzazione del patrimonio tartuficolo e per l'incremento della produzione dei tartufi, promuovono e sostengono iniziative pubbliche, ritenute utili per l'approfondimento e la divulgazione delle conoscenze tecnico-scientifiche.
Il primo capoverso del comma 2 dell'articolo 15 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Ai fini del comma 1, sulla base di appositi piani, possono essere finanziate.
Al comma 4 dell'articolo 15 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è soppressa la locuzione "a qualsiasi titolo".
Articolo 9
Il comma 3 dell'articolo 16 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
L'erogazione del contributo, relativo alla lettera f. del comma 2 dell'articolo 15 è subordinata alla presentazione del consuntivo di spesa e dei verbali del collaudo effettuato dai tecnici della Comunità montana.
Articolo 10
Il comma 1 dell'articolo 18 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Nel rispetto delle direttive regionali le Comunità montane istituiscono appositi albi, che vengono trasmessi alla Giunta regionale, nei quali verranno iscritte le tartufaie controllate e coltivate a norma degli articolo 4, articolo 8 ed articolo 9.
Il comma 3 dell'articolo 18 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Le Comunità montane trasmettono semestralmente, alla struttura amministrativa regionale competente in materia di tartuficoltura, gli aggiornamenti degli albi di cui al comma 1.
Articolo 11
Dopo l'articolo 19 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è aggiunto il seguente:
Articolo 19 bis
La vigilanza sul rispetto della presente Legge è effettuata dai soggetti individuati nei comma 1 e comma 2 dell'articolo 15 della Legge 16 Dicembre 1985, n. 752.
La Giunta regionale istituisce appositi corsi di formazione e aggiornamento professionale ai fini di una migliore qualificazione degli organi di vigilanza di cui al comma 1.
Articolo 12
Il comma 1 dell'articolo 20 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Le competenze amministrative in materia di sanzioni sono attribuite alle Comunità montane nel rispetto delle procedure generali e speciali previste dalla Legge 16 Dicembre 1985, n. 752, dalla Legge Regionale 30 Maggio 1983, n. 15 e successive modificazioni ed integrazioni.
La lettera a. del comma 2 dell'articolo 20 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituita dalla seguente:
ricerca dei tartufi senza l'ausilio del cane, da lire 300.000 a lire 3.000.000.
Il comma 7 dell'articolo 20 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è abrogato.
Articolo 13
L'articolo 22 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 è sostituito dal seguente:
Articolo 2 - Tassa di concessione
La tassa di concessione regionale, prevista per l'abilitazione alla ricerca ed alla raccolta dei tartufi, è dovuta, annualmente, entro il 31 Gennaio, nella misura fissata al numero d'ordine 27 della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali, approvata con decreto legislativo 22 Giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni ed è versata alla Comunità montana competente per territorio, La ricevuta del versamento deve essere conservata unitamente al tesserino di autorizzazione ed esibita, su richiesta, agli organi preposti alla vigilanza.
La tassa annuale non è dovuta se l'attività di ricerca e raccolta non è esercitata nell'anno di riferimento.
Per la ricerca e la raccolta di tartufi senza aver effettuato il pagamento della prescritta tassa annuale, si applicano le sanzioni tributarie previste dall'articolo 6 della Legge Regionale 28 Maggio 1980, n. 57 e successive modificazioni e integrazioni e le relative procedure.
Il cinquanta per cento dei proventi derivanti dalla tassa di concessione e quelli derivanti dalle sanzioni di cui all'articolo 20 spettano alle Comunità montane, che li utilizzano per interventi di tutela, di miglioramento e valorizzazione nel settore della tartuficoltura.
Sono di competenza delle Comunità montane le funzioni amministrative inerenti l'applicazione della Legge Regionale 28 Maggio 1980, n. 57, compresa la decisione dei ricorsi amministrativi e di rappresentanza in giudizio, limitatamente alla tassa di concessione regionale per l'abilitazione alla ricerca e raccolta dei tartufi.
Le istanze di rimborso devono essere presentate alla Comunità montana competente per territorio, che provvede all'istruttoria ed ai relativi adempimenti.
Il trasferimento dalle Comunità montane alla Regione delle somme di cui al comma 4 deve essere effettuato entro il mese successivo a quello della riscossione. Saranno stabiliti dalla Giunta regionale i tempi e le modalità per la comunicazione alla Regione dei dati relativi alle riscossioni effettuate.
Articolo 14
La disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 22 della Legge Regionale 28 Febbraio 1994, n. 6 come sostituito dall'articolo 13 della presente Legge, si applica a far data dal 1992.
Ai fini dell'applicazione del comma 1, gli interessati sono tenuti a presentare alla Comunità montana, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente Legge, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio dalla quale risulti che, nell'anno di riferimento, gli stessi non hanno esercitato la ricerca e la raccolta dei tartufi.
La presente Legge Regionale sarà pubblica nel Bollettino Ufficiale della Regione. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge della Regione dell'Umbria.
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Legge Regionale n. 6 del 28 Febbraio 1994
“Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi”
Pubblichiamo il testo aggiornato della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6 (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 11 del 16 marzo 1994), concernente:
"Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi", coordinato con le modificazioni ed integrazioni recate dalla legge regionale 26 marzo 1997, n. 10 (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione n. 17 del 2 aprile 1997).
Le modifiche apportate dalla legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, sono evidenziate dal carattere corsivo.Articolo 1
In adempimento a quanto previsto dalla legge 16 dicembre 1985, n. 752, sono emanate le seguenti norme per la disciplina della raccolta, la coltivazione, la conservazione ed il commercio di tartufi allo scopo di perseguire la tutela del patrimonio tartuficolo regionale, lo sviluppo della tartuficoltura, la valorizzazione e la conservazione del prodotto destinato al consumo.
Articolo 2
(Ambiti in cui la raccolta è libera)
La raccolta dei tartufi è libera nei boschi, nei terreni non coltivati e lungo le sponde e gli argini dei corsi d'acqua classificati pubblici dalla vigente normativa.
Articolo 3
(Delimitazione delle tartufaie)
[Testo dell'art. 3 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 1 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 2]
Hanno diritto di proprietà sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducono; tale diritto si estende a tutti i tartufi di qualunque specie essi siano, purché vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse.
Le Comunità montane, su parere della competente commissione autorizzano la delimitazione delle tartufaie attraverso la tabellazione.
Le tabelle devono essere poste ad almeno 2,50 m. di altezza dal suolo, lungo il confine del terreno, ad una distanza tale da essere visibili da ogni punto di accesso ed in modo che da ogni cartello sia visibile il precedente e il successivo con la scritta a stampatello ben visibile da terra "Raccolta dei tartufi riservata". Le tabelle di nuova assegnazione devono essere apposte su idonei pali di sostegno. Sono fatte salve le tabellazioni già apposte.
Articolo 4
(Tartufaie controllate)
[Testo dell'art. 4 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 2 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 2]
Si definisce tartufaia controllata quella superficie di terreno delimitabile sulla base di una presenza diffusa, allo stato naturale di tartufi, la cui gestione è finalizzata ad incrementi produttivi, interventi manutentivi, miglioramenti e messa a dimora di piante tartufigene.
La delimitazione non può comprendere, in ogni caso, argini e sponde di corsi d'acqua pubblici.
Articolo 5
(Miglioramenti)
[Testo dell'art. 5 della legge regionale 28 febbraio 1994 n. 6, così come modificato dall'art. 3 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 2 e della parola "triennale" con "quinquennale" al comma 5]
Sono considerati miglioramenti le seguenti operazioni:
decespugliamento e/o diradamento delle piante arboree da eseguirsi almeno ogni tre anni;
trasformazione in alto fusto del bosco, secondo un progetto di conversione, privilegiando il rilascio delle matricine e delle specie simbionti con i tartufi;
sarchiatura annuale della tartufaia e/o delle singole cave;
potatura delle piante simbionti;
pacciamatura parziale o totale sulle superfici delle cave, da eseguirsi ogni anno durante il periodo estivo;
graticciate trasversali sulla superficie delle cave, per evitare erosioni superficiali quando la pendenza è eccessiva e rinnovamento delle stesse ogni qualvolta sia necessario o comunque ogni 10 anni;
drenaggio e governo delle acque superficiali;
irrigazioni di soccorso sulla superficie delle cave;
ogni altro intervento ritenuto utile o necessario.
I miglioramenti vanno eseguiti a regola d'arte e ripetuti nei tempi prescritti, nell'ambito della superficie delle tartufaie, secondo le previsioni del piano quinquennale. Il piano è presentato dal conduttore all'atto della richiesta di riconoscimento e da esso debbono risultare, fra l'altro, i dati di raccolta relativi alla produzione media annua di tartufi riferiti al medesimo impianto.
Le operazioni colturali e gli interventi comunque prescritti dalla commissione di cui all'art. 6 devono essere realizzati entro 3 anni dal rilascio dell'attestato di riconoscimento.
Le operazioni colturali di cui al comma precedente valgono anche ai fini delle prescrizioni di massima e di polizia forestale per i boschi ed i terreni di montagna sotosti a vincoli, ai sensi della vigente normativa regionale.
é considerato incremento della tartufaia la messa a dimora di piante tartufigene; nel numero e nella qualità ritenuti idonei rispetto alle potenzialità della tartufaia e alla natura del terreno, dalla commissione di cui all'art. 6, in sede di sopralluogo; la messa a dimora deve essere effettuata nel rispetto delle tecniche colturali e delle previsioni del piano quinquennale.
Articolo 6
(Commissioni)
Le operazioni colturali da effettuare sono determinate a seguito di sopralluogo e tenuto conto della specie di tartufo presente nella zona, dall'apposita commissione tecnica costituita presso ogni Comunità montana e composta da:
un rappresentante della Comunità montana che la presiede;
un rappresentante della Regione indicato dall'Assessore all'agricoltura e foreste;
un rappresentante del Corpo forestale dello Stato;
un rappresentante delle Associazioni tartufai territorialmente costituite e riconosciute;
un rappresentante delle organizzazioni agricoe più rappresentative a livello nazionale.
Le designazioni dei componenti la commissione devono pervenire entro 20 giorni dalla richiesta. Trascorso inutilmente tale termine la commissione si intende regolarmente costituita anche con designazioni parziali.
Ai componenti della commissione spetta un gettone di presenza per ogni giornata di seduta dell'importo di lire 50.000. Per i dipendenti regionali designati dalla Regione in propria rappresentanza, trova applicazione la disciplina per essi vigente in tema di emolumenti.
Ai componenti della commissione esterni all'Amministrazione regionale incaricati di effettuare per conto della stessa accertamenti o sopralluoghi in Comuni diversi da quelli di residenza, è corrisposto il rimborso delle spese di viaggio nonché l'indennità di missione nella misura ed alle condizioni vigenti per i dipendenti regionali di ottavo livello funzionale.
Articolo 7
(Parere della commissione)
Le Comunità montane curano la pubblicizzazione del parere della commissione tramite affissione all'Albo pretorio. Eventuali osservazioni possono essere presentate alla Comunità montana competente per territorio entro trenta giorni dalla pubblicazione. La Comunità montana deve decidere entro il termine di trenta giorni, motivando la determinazione e dandone comunicazione all'interessato.
Articolo 8
(Tartufaie coltivate)
Per tartufaia coltivata s'intende quella costituita da impianti realizzati ex novo con idonee piante tartufigene, poste a dimora, secondo adeguati sesti e corretti rapporti tra superficie coltivata e piante utilizzate.
La tabellazione deve essere apposta nella zona oggetto dell'intervento.
Ai fini dell'attestazione di riconoscimento regionale, le tartufaie devono presentare le caratteristiche di cui al primo comma verificate dalle commissioni di cui all'art. 6 della presente legge.
Articolo 9
(Riconoscimento tartufaie)
(Testo dell'art. 9 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 4 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con 1'abrogazione del secondo capoverso del comma 1 e la sostituzione - al comma 2, lett. b) - della parola "triennale" con "quinquennale" e dei commi 3 e 5).
La Comunità montana competente per territorio, dietro richiesta di coloro che ne hanno titolo, rilascia le attestazioni di riconoscimento delle tartufaie controllate o coltivate dopo parere della competente commissione tecnica di cui all'art. 6.
A tal fine l'interessato deve presentare apposita istanza allegando la seguente documentazione:
planimetria catastale 1:2000 con 1'indicazione dell'area di cava e relazione contenente le caratteristiche dei terreni;
piano quinquennale di miglioramento delle tartufaie ed ogni altra documentazione prevista a seconda che si tratti di tartufaia coltivata o controllata.
A seguito del riconoscimento delle tartufaie controllate o coltivate la Comunità montana competente per territorio assegna agli aventi diritto un congruo numero di tabelle, conformemente al comma 3 dell'art. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752, previo versamento della somma stabilita alla tesoreria della competente Comunità montana, nell'apposito conto corrente.
La Giunta regionale determina, ai sensi dell'art. 3, terzo comma della legge 16 dicembre 1985, n. 752, le caratteristiche delle tabelle ed il relativo prezzo.
Il riconoscimento delle tartufaie controllate ha validità quinquennale ed è rinnovabile previa verifica da parte della commissione tecnica di cui all'art. 6.
L'inadempimento alle prescrizioni previste dall'art. 5 comporta la revoca del riconoscimento con l'applicazione della sanzione amministrativa di cui alla lettera s) del secondo comma dell'articolo 20.
é fatta comunque salva la facoltà di rinuncia, da parte dell'interessato, al riconoscimento di tartufaia controllata entro 120 giorni dalla data del provvedimento di riconoscimento.
In caso di revoca del riconoscimento di tartufaia controllata l'interessato non può chiedere un nuovo riconoscimento prima del termine di tre anni dalla data del provvedimento.
Articolo 10
(Terreni di dominio collettivo, terreni gravati da uso civico, terreni soggetti ad altri vincoli)
(Testo dell'art. 10 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 5 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 4).
In attuazione di quanto disposto dall'art. 4 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, nei terreni gravati da uso civico è confermato il diritto esclusivo di raccolta da parte degli utenti.
Qualora i Comuni, le frazioni o le associazioni agrarie titolari di terreni di uso civico intendano concedere a terzi non utenti il diritto di raccolta dei tartufi, i subentranti devono presentare un piano di conservazione delle tartufaie, da sotorre al parere della commissione di cui all'art. 6.
Nei terreni soggetti a vincolo connesso con l'attività venatoria la ricerca è consentita previa autorizzazione della Comunità montana competente per territorio che, sentito il legale rappresentante dell'Ente gestore o dell'Azienda proprietaria, stabilisce le modalità di accesso al fondo.
Nelle aziende faunistico-venatorie e agro-turistico venatorie l'attività di ricerca e raccolta è consentita secondo le modalità di cui al comma 3, con 1'ausilio di un solo cane per cercatore, esclusivamente nei giorni di silenzio venatorio.
Le Comunità montane promuovono con le Associazioni dei tartufai territorialmente costituite e riconosciute, ove esistano, protocolli d'intesa per regolamentare l'attività di ricerca nelle aziende faunistiche-venatorie.
L'accesso alle zone di cui al comma 3 e 4 non può essere subordinato al pagamento di tasse, canoni o corrispettivi di alcun genere.
Articolo 11
(Delimitazione dei comprensori consorziati)
La Comunità montana competente per territorio, sentita la commissione tecnica di cui all'art. 6, ai fini della tabellazione prevista dal terzo comma dell'art. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752, approva la delimitazione del comprensorio consorziato di cui al secondo comma dell'art. 4 della stessa legge.
La Giunta regionale, sentite le commissioni tecniche, fissa i criteri per la delimitazione dei comprensori.
Articolo 12
(Ricerca e raccolta dei tartufi)
(Testo dell'art. 12 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 6 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la soppressione del primo capoverso del comma 8).
La ricerca e la raccolta dei tartufi devono essere effettuate in modo da non arrecare danno alle tartufaie.
La raccolta dei tartufi è consentita esclusivamente con l'impiego del "vanghetto" o "vanghella" o dello "zappetto" aventi la lama di lunghezza non superiore a cm. 15 e larghezza in punta non superiore a cm. 8, ed è limitata al seguente periodo:
dal 1° ottobre al 31 dicembre: il Tuber magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco;
dal 1° dicembre al 15 marzo: per il Tuber melanosporum Vitt, detto volgarmente tartufo nero pregiato;
dal 1° dicembre al 15 marzo: per il Tuber brumale var, moschatum De Ferry, detto volgarmente tartufo moscato;
dal 1° giugno al 31 agosto: per il Tuber aestivum Vitt, detto volgarmente tartufo d'estate o scorsone;
dal 1° ottobre al 31 gennaio: per il Tuber Uncinatum Chatin, detto volgarmente tartufo uncinato;
dal 1° gennaio al 15 marzo: per il Tuber brumale Vitt, detto volgarmente tartufo nero d'inverno o trifola nera;
dal 15 gennaio al 15 aprile: per il Tuber Borchii Vitt, o Tuber Albidum Pico, detto volgarmente bianchetto o marzuolo;
dal 1° ottobre al 31 dicembre: per il Tuber Macrosporum Vitt, detto volgarmente tartufo nero liscio;
dal 1° novembre al 15 marzo: per il Tuber Mesentericum Vitt, detto volgarmente nero ordinario.
E' vietata la raccolta dei tartufi immaturi o avariati.
La ricerca e la raccolta dei tartufi sono vietate durante le ore notturne, da un'ora dopo il tramonto ad un'ora prima della levata del sole.
Le buche o le forate aperte per l'estrazione, devono essere subito dopo riempite con il medesimo terreno di scavo.
é permesso per ogni raccoglitore il contemporaneo uso di due cani da ricerca di tartufi salvo quanto previsto dal quarto comma dell'art. 10.
Il cane da ricerca di tartufi, ai fini dell'iscrizione all'anagrafe istituita ai sensi della legge regionale 25 novembre 1986, n. 43, deve essere munito di un codice di riconoscimento integrato con un segno distintivo.
In relazione all'andamento climatico stagionale, la Giunta regionale, su richiesta presentata da una o più comunità montane, ha facoltà di introdurre variazioni al calendario di raccolta dandone adeguata pubblicità.
La Giunta regionale su proposta delle Comunità montane interessate qualora sia necessaria una razionalizzazione della raccolta al fine di evitare gravi danni al patrimonio tartufigeno, alla struttura chimico-fisica del terreno nonché al patrimonio boschivo o per altri gravi motivi, può limitare o revocare temporaneamente, in tali zone la raccolta.
Articolo 13
(Idoneità per la raccolta)
(Testo dell'art. 13 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, cosl come modificato dall'art. 7 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 4).
Per ottenere l'autorizzazione alla raccolta del tartufo, il raccoglitore deve sostenere un esame di idoneità presso la Comunità montana competente per territorio, davanti alla commissione di cui all'art. 6.
Le materie di esame riguardano le tecniche di raccolta dei tartufi e di miglioramento delle tartufaie, le vigenti normative nazionali e regionali, la biologia ed il riconoscimento delle varie specie di tartufo.
Il rilascio dell'autorizzazione è documentato con apposito tesserino recante le generalità e la fotografia del titolare.
Il tesserino è rilasciato dalla Comunità montana competente per territorio ed è valido per tutto il territorio nazionale. La sua efficacia è di cinque anni, al termine dei quali il titolare può richiedere alla competente Comunità montana, entro il 31 dicembre dell'anno di scadenza, la convalida per il quinquennio successivo mediante l'apposizione del timbro datario e previo versamento della tassa annualmente dovuta.
Sono esenti dalla prova d'esame coloro che sono già muniti del tesserino alla data di entrata in vigore della presente legge.
Non sono soggetti agli obblighi di cui al primo comma i raccoglitori di tartufi sui fondi di loro proprietà o comunque da essi condotti.
Articolo 14
(Autorizzazione alla raccolta)
A seguito dell'esito positivo dell'esame di cui al precedente art. 13, la Comunità montana competente per territorio, in relazione al luogo di residenza del richiedente, rilascia il tesserino di autorizzazione alla raccolta secondo il modello uniforme predisposto dalla Giunta regionale.
Per i residenti in comuni non facenti parte di alcuna Comunità montana, la prova di esame ed il rilascio del tesserino sono effettuati dalla Comunità montana più vicina a detti Comuni.
Articolo 15
(Iniziative finanziarie)
(Testo dell'art. 15 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, cosI come modificato dall'art. 8 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 1 e del primo alinea del comma 2 e la soppressione della locuzione "a qualsiasi titolo" al comma 4).
La Regione, limitatamente alle esigenze di sperimentazione, e le Comunità montane, per quanto riguarda la tutela e la valorizzazione del patrimonio tartuficolo e per l'incremento della produzione dei tartufi, promuovono e sostengono iniziative pubbliche, ritenute utili per l'approfondimento e la divulgazione delle conoscenze tecnico-scientifiche.
Ai fini del comma 1, sulla base di appositi piani, possono essere finanziate:
attività formative di qualificazione e di aggiornamento del personale tecnico e di quello preposto alla vigilanza, nonché corsi per la vigilanza volontaria;
centri di ricerca e di sperimentazione, anche per scopi scientifici, gestiti da Enti pubblici;
centri a gestione associata pubblica, anche con la partecipazione di privati, per la raccolta e la conservazione dei tartufi;
iniziative promozionali, pubblicitarie informative e culturali in materia di tartuficoltura;
realizzazione da parte delle Comunità montane, con obbligo di conduzione, di tartufaie coltivate e/o controllate, anche a fini sperimentali o dimostrativi, su terreni pubblici;
impianto di tartufaie coltivate, realizzate da imprenditori agricoli a titolo principale, a norma del Regolamento C.E.E. 797 del 12 marzo 1985 e delle norme attuative regionali, coltivatori diretti, proprietari ed affittuari, coloni, mezzadri, enfiteuti, compartecipanti e loro coadiuvanti familiari, oppure realizzato con l'impiego della manodopera delle Comunità montane in base ad apposite convenzioni con i proprietari dei terreni interessati.
Gli impianti di cui alle lettere e) ed f) del comma precedente, sono ammessi al contributo regionale, purché ubicati in terreni idonei, compresi nelle aree di cui al successivo art. 19, con 1'obbligo da parte del conduttore di mantenere la coltura per almeno 10 anni.
Le piante messe a dimora ai fini della presente legge, devono essere garantite mediante certificazione rilasciata dalla ditta fornitrice, in ordine alla idonea micorizzazione alla pianta simbionte ed alla specie di tartufo.
Il vivaio forestale regionale può provvedere inoltre alla produzione di piante tartufigene idonee per incrementare le tartufaie controllate, per realizzare tartufaie coltivate e per la valorizzazione delle specifiche situazioni territoriali ed ambientali a vocazione tartufigena.
Articolo 16
(Modalità di finanziamento)
(Testo dell'art. 16 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 9 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 3).
I finanziamenti previsti dal precedente articolo vengono concessi in conto capitale:
per le voci a), b), c), d), e) fino ad un massimo dell'80 per cento della spesa ammessa;
per la voce f) fino ad un massimo del 50 per cento della spesa ammessa.
La determinazione del contributo avviene sulla base del preventivo di spesa redatto secondo il preziario dei lavori forestali, vigente alla data di presentazione della domanda.
L'erogazione del contributo, relativo all'art. 15, comma 2, lettera f), è subordinata alla presentazione del consuntivo di spesa e dei verbali del collaudo effettuato dai tecnici della Comunità montana.
Articolo 17
(Progetti speciali)
Per quanto concerne la predisposizione, il finanziamento e la realizzazione di progetti speciali di impianti tartuficoli, che si inseriscono nella normativa regionale, statale o della Comunità economica europea, vale quanto disposto dall'art. 3 della legge regionale 16 dicembre 1983, n. 47.
Articolo 18
(Albi regionali)
(Testo dell'art. 18 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 10 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione dei commi 1 e 3).
Nel rispetto delle direttive regionali le Comunità montane istituiscono appositi albi, che vengono trasmessi alla Giunta regionale nei quali verranno iscritte le tartufaie controllate e coltivate a norma degli artt. 4, 8 e 9.
Nel rispettivo albo sono annotati i dati relativi ai soggetti che conducono le tartufaie, la documentazione catastale relativa ai terreni, nonché la porzione di terreno interessato dalle tartufaie ed ogni eventuale successiva variazione, che va comunicata a cura dei soggetti medesimi, così come l'eventuale cessazione della raccolta o della coltivazione.
Le Comunità montane, trasmettono, semestralmente, alla struttura amministrativa regionale competente in materia di tartuficoltura, gli aggiornamenti degli albi di cui al comma 1.
Articolo 19
(Zone geografiche)
La Giunta regionale provvede entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, ad identificare ed a delimitare, su cartografia in scala 1:100.000 le zone geografiche di raccolta, sentite le Comunità montane e con il concorso del Corpo forestale dello Stato.
Provvede altresì a curare la redazione di una idonea cartografia generale e particolareggiata delle zone naturalmente vocate per la produzione delle varie specie di tartufo, realizzata in scala 1:25.000.
Articolo 19 bis
(Vigilanza)
(Articolo aggiunto con l'art. 1 I della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10).
La vigilanza sul rispetto della presente legge è effettuata dai soggetti individuati nei commi 1 e 2 dell'art. 15 della legge 16 dicembre 1985, n. 752.
La Giunta regionale istituisce appositi corsi di formazione e aggiornamento professionale ai fini di una migliore qualificazione degli organi di vigilanza di cui al comma 1.
Articolo 20
(Sanzioni amministrative)
(Testo dell'art. 20 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, così come modificato dall'art. 12 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10, con la sostituzione del comma 1 e della lett. a) del comma 2 e 1'abrogazione del comma 7).
Le competenze amministrative in materia di sanzioni sono attribuite alle Comunità montane nel rispetto delle procedure generali e speciali previste dalla legge 16 dicembre 1985, n. 752, dalla legge regionale 30 maggio 1983, n. 15 e successive modificazioni ed integrazioni.
Le sanzioni amministrative pecuniarie sono inflitte con riferimento alle fattispecie e nei limiti minimi e massimi di seguito indicati:
ricerca dei tartufi senza l'ausilio del cane, da lire 300.000 a lire 3.000.000;
scavo con attrezzi diversi da quelli consentiti da lire 100.000 a lire 1.000.000;
sarchiatura delle tartufaie naturali a profondità superiore a cm. 10 per il Tuber Melanosporum, a cm. 5 per il Tuber Aestivum e a cm. 17 per le altre specie, per ogni decara di terreno o frazioni superiori a mq. 10: da lire 10.000 a lire 100.000;
lavorazione andante delle tartufaie naturali, per ogni decara di terreno o frazione superiore a mq. 50: da lire 10.000 a lire 100.000;
apertura di buche senza l'ausilio del cane o mancata riempitura delle stesse: per ogni buca, da lire 10.000 a lire 100.000;
ricerca e raccolta di tartufi senza essere muniti del tesserino prescritto sempreché non se ne dimostri la validità ed il possesso esibendo, nel termine perentorio di 20 giorni dalla data di contestazione dell'infrazione all'autorità regionale preposta all'applicazione delle sanzioni amministrative: da lire 500.000 a lire 5.000.000;
raccolta dei tartufi in periodo di divieto: da lire 500.000 a lire 5.000.000;
raccolta di tartufi nelle aree rimboschite, per un periodo di 15 anni dalla data del rimboschimento: da lire 10.000 a lire 100.000;
raccolta di tartufi immaturi o avariati: da lire 300.000 a lire 3.000.000;
raccolta di tartufi durante le ore notturne, da un'ora dopo il tramonto ad un'ora prima dell'alba: da lire 100.000 a lire 1.000.000;
raccolta abusiva di tartufi entro le zone tabellate in quanto tartufaie controllate o coltivate, anche consorziali , salve le sanzioni penali: da lire 500.000 a lire 5.000.000;
commercio di tartufi freschi fuori dal periodo di raccolta o appartenenti a specie non ammesse o senza il rispetto delle modalità prescritte dall'art. 7 della legge 16 dicembre 1985, n. 752: da lire 1.000.000 a lire 10.000.000;
lavorazione e commercio di tartufi conservati da parte di soggetti diversi da quelli di cui all'art. 8 della legge 16 dicembre 1985, n. 752: da lire 500.000 a lire 5.000.000;
commercio di tartufi conservati, senza il rispetto delle modalità prescritte dagli articoli 9, 10, 11, 12, 13 e 14 della legge 16 dicembre 1985, n. 752 ,salvo che il fatto non costituisca reato, a norma degli artt. 515 e 516 del codice penale: da lire 500.000 a lire 5.000.000;
tabellazione illegittima di terreni: da lire 10.000 a lire 100.000 per ogni tabella apposta con l'obbligo della immediata rimozione a cura del proprietario o conduttore;
ricerca dei tartufi nei terreni soggetti a vincolo in violazione delle disposizioni di cui al terzo e quarto comma dell'art. 10: da lire 500.000 a lire 5.000.000;
inadempienza alle prescrizioni di cui all'art. 5: da lire 300.000 a lire 3.000.000 per ettaro di supefficie riconosciuta controllata;
ricerca di tartufi effettuata con un numero di cani superiore a quello prescritto: per ogni cane in più, da lire 300.000 a lire 3.000.000;
commercio di piante in modo non conforme a quanto previsto dal comma 4 dell'art. 15: per ogni pianta commercializzata, senza le indicazioni, da lire 20.000 a lire 200.000;
danneggiamento o asportazione di tabelle: da lire 50.000 a lire 500.000 per ogni tabella danneggiata o asportata, oltre alle eventuali sanzioni penali;
per ogni tabella non apposta su idoneo palo: da lire 5.000 a lire 50.000.
Le violazioni sanzionate al precedente comma comportano sempre, quando ne ricorrano gli estremi, la confisca dei tartufi.
Le violazioni di cui alle lettere b), e), g) ed m) del precedente comma, comportano il ritiro del tesserino e la sospensione dell'autorizzazione per un periodo di tempo da sei mesi a due anni.
Nell'ipotesi di reiterate e gravi violazioni, può motivatamente disporsi la revoca dell'autorizzazione.
I provvedimenti di sospensione o di revoca delle autorizzazioni sono adottati dall'Autorità regionale, competente all'erogazione delle sanzioni, con contestuale invio di copia del prowedimento alla Comunità montana competente.
Articolo 21
(Abrogazioni)
Sono abrogate la legge regionale 2 maggio 1980, n. 38 e la legge regionale 7 marzo 1983, n. 4.
Sono soppresse le parole:
"della tartuficoltura e" all'art. 7 primo comma lettera c), della legge regionale 16 dicembre 1983, n. 47;
"dei tartufi" all'art. 2 primo comma, lett. h, della legge regionale 12 agosto 1981, n. 55;
"dei tartufi" alla denominazione del capitolo 8425 del bilancio 1987.
Articolo 22
(Tassa di concessione)
(Testo dell'art. 22 della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6, cosi come sostituito dall'art. 13 della legge regionale 26 marzo 1997, n. 10).
La tassa di concessione regionale, prevista per l'abilitazione alla ricerca e alla raccolta dei tartufi, è dovuta, annualmente, entro il 31 gennaio, nella misura fissata al numero d'ordine 27 della tariffa delle tasse sulle concessioni regionali, approvata con decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230 e successive modificazioni ed è versata alla Comunità montana competente per territorio. La ricevuta del versamento deve essere conservata unitamente al tesserino di autorizzazione ed esibita, su richiesta, agli organi preposti alla vigilanza.
La tassa annuale non è dovuta se l'attività di ricerca e raccolta non è esercitata nell'anno di riferimento.
Per la ricerca e la raccolta di tartufi senza aver effettuato il pagamento della prescritta tassa annuale, si applicano le sanzioni tributarie previste dall'art. 6 délla legge regionale 28 maggio 1980, n. 57 e successive modificazioni e integrazioni e le relative procedure.
Il cinquanta per cento dei proventi derivanti dalla tassa di concessione e quelli derivanti dalle sanzioni di cui all'art. 20 spettano alle Comunità montane, che li utilizzano per interventi di tutela, di miglioramento e valorizzazione nel settore della tartuficoltura.
Sono di competenza delle Comunità montane le funzioni amministrative inerenti l'applicazione della legge regionale n. 57/80, compresa la decisione dei ricorsi amministrativi e di rappresentanza in giudizio, limitatamente alla tassa di concessione regionale per l'abilitazione alla ricerca e raccolta dei tartufi.
Le istanze di rimborso devono essere presentate alla Comunità montana com- petente per territorio, che provvede all'istruttoria e ai relativi adempimenti.
Il trasferimento dalle Comunità montane alla Regione delle somme di cui al comma 4 deve essere effettuato entro il mese successivo a quello della riscossione. Saranno stabiliti dalla Giunta regionale i tempi e le modalità per la comunicazione alla Regione dei dati relativi alle riscossioni effettuate.
Articolo 23
(Norma transitoria)
Coloro che abbiano effettuato il pagamento delle tasse di cui all'art. 22 nel corso del 1993 sono tenuti, entro 30 giorni dalla data dell'entrata in vigore della presente legge ad effettuare alla tesoreria regionale un versamento integrativo in dodicesimi relativo al periodo intercorrente tra la data di scadenza del tesserino ed il 31 dicembre 1994.
Articolo 24
(Norma finanziaria)
All'onere per l'attuazione della presente legge si fa fronte con le disponibilità esistenti nel bilancio previsionale dell'esercizio 1994, ai capitoli istituiti in attuazione della legge regionale 3 novembre 1987, n. 47 e successive modificazioni.
Per gli esercizi dal 1994 in poi, l'entità della spesa per l'attuazione della presente legge sarà stabilita con legge di bilancio a norma della legge regionale 3 maggio 1978, n. 23.
Articolo 25
(Norme finali)
La Giunta regionale può disporre periodici controlli presso le ditte che esercitano lo stoccaggio, la lavorazione e il commercio di tartufi, al fine di verificare la osservanza delle norme previste dalla legge 16 dicembre 1985, n. 752 e quelle della presente legge.
La legge regionale 3 novembre 1987, n. 47, è abrogata.
-
L.R. 3 novembre 1987, n. 47
Norme concernenti la disciplina della raccolta, coltivazione,conservazione e commercio dei tartufi (2).
Pubblicata nel B.U. Umbria 6 novembre 1987, n. 81.
La presente legge che disponeva l'abrogazione della L.R. 2 maggio 1980, n. 38 e della L.R. 7 marzo 1983, n. 4 e modificava l'art. 2, L.R. 12 agosto 1981, n. 55 e l'art. 7, L.R. 16 dicembre 1983, n.47 è stata abrogata dall'art.
25, L.R. 28 febbraio 1994, n. 6. -
Articolo unico
L.R. 22 gennaio 1986, n. 4 (1).
Modificazione dell'art. 5 della legge regionale 1980, n. 38 recante: disciplina e valorizzazione della coltura dei funghi e dei tartufi.
Pubblicata nel B.U. Umbria 27 gennaio 1986, n. 5.
Articolo unicoSostituisce il terzo comma dell'art. 5, L.R. 2 maggio 1980, n. 38.
-
L.R. 12 agosto 1981, n. 55 (1).
Norme per la incentivazione di attività produttive e valorizzazione delle risorse naturali dei prodotti del bosco e del sottobosco (2).
(1) Pubblicata nel B.U. Umbria 19 agosto 1981, n. 45.
(2) La presente legge è stata abrogata dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.
Art. 1
In adempimento a quanto previsto dal quarto comma dell'art. 10 della legge 27 dicembre 1977, n. 984, sono emanate le seguenti norme, ferme restando le discipline della legge regionale 11 agosto 1978, n. 40, in materia di tutela della flora e della L.R. 2 maggio 1980, n. 38, per la valorizzazione della coltura dei funghi e dei tartufi] (3).
(3) L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.Art. 2
Ai fini dell'attuazione del programma regionale di forestazione, sono concesse provvidenze per:
a) interventi di ricostituzione dei boschi, intesi a migliorare le qualità e le quantità dei prodotti;
b) conversione di cedui in boschi di alto fusto;
c) costruzione, ampliamento di impianti esistenti ed acquisto di attrezzature per la trasformazione dei prodotti del bosco e sottobosco, di materiale legnoso ricavato dall'utilizzazione dei cedui;
d) coltivazione di piante a rapido accrescimento;
e) utilizzo di specie officinali ed aromatiche per scopi scientifici, didattici, farmaceutici o industriali, compreso l'acquisto delle attrezzature necessarie alle
prime lavorazioni e trasformazioni dei prodotti freschi ed essiccati;
f) acquisto ed affitto di terreni da destinare alle utilizzazioni previste dal presente articolo;
g) attuazione delle tecniche di utilizzo a scopo energetico, alimentare, zootecnico e faunistico dei prodotti del bosco e sottobosco;
h) iniziative per la coltivazione, valorizzazione, miglioramento colturale e produttivo dei funghi, dei prodotti del sottobosco e delle piante officinali,
aromatiche e mellifere (4);
i) opere sistematorie e migliorative di aree verdi da destinare ad uso pubblico] (5).
(4) Lettera così modificata dall'art. 17, L.R. 3 novembre 1987, n. 47 e dall'art. 21, L.R. 28 febbraio 1994, n. 6.3
(5) L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.Art. 3
Per i fini previsti dal precedente articolo, la Regione concorre, secondo le modalità di cui ai successivi artt. 4, 5, 6, 7 e 8:
- per le voci a), b), c), d), e), f), nel pagamento degli interessi sui prestiti e mutui concessi dagli Istituti di credito;
- per le voci g), h), i), alla concessione di contributi in conto capitale] (6).
(6) L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.Art. 4
Il concorso regionale nel pagamento degli interessi è concesso nelle seguenti misure:
- zone montane: prestiti 12,5 per cento;
mutui 13,25 per cento;
- altre zone: prestiti 9,00 per cento;
mutui 11,50 per cento.
I tassi a carico dei prestatari e dei mutuatari non potranno essere inferiori a quelli minimi determinati ai sensi del terzo comma dell'art. 109 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Il concorso negli interessi a carico della Regione viene concesso per i prestiti e i mutui erogati dagli Istituti ed Enti, autorizzati ai sensi della legge 5 luglio 1928, n. 1760 all'esercizio del credito agrario, che applicano i tassi di interesse e le aliquote accessorie in misura non superiore a quella fissata con D.I. ai sensi e per gli effetti dell'art. 34 della legge 2 giugno 1961, n. 454 e successive modifiche ed integrazioni.
I mutui ed i prestiti sono concessi fino alla misura del 70 per cento della spesa riconosciuta ammissibile ed hanno la seguente durata:
a) cinque anni, per l'acquisto di attrezzature e macchinari mobili destinati alla utilizzazione industriale e commerciale dei prodotti del bosco e sottobosco, delle piante officinali ed aromatiche e di quelle mellifere;
b) dieci anni, per l'acquisto di attrezzature e macchinari fissi, per la costruzione e l'ampliamento di impianti di trasformazione dei prodotti del bosco
e sottobosco, delle piante officinali, aromatiche e mellifere, nonché per l'acquisto ed affitto di terreni;
c) venti anni, per la ricostituzione ed il miglioramento dei boschi esistenti, conversione di boschi cedui in boschi d'alto fusto, coltivazione di specie legnose a rapido accrescimento.
I mutui riguardanti la realizzazione di opere, sono erogati in ragione del 40 per cento non appena perfezionato il relativo contratto; per il 35 per cento in base a stati di avanzamento accertati dai competenti Uffici regionali ed il 25 per cento a saldo, in base alle risultanze del collaudo delle opere stesse.
I prestiti concessi per il solo acquisto di macchinari o attrezzature mobili, sono erogati dietro presentazione delle relative fatture debitamente vistate, previo accertamento dei competenti Uffici regionali.
I mutui di cui alla presente legge quando siano concessi in favore di coltivatori diretti, coloni, affittuari, altri lavoratori della terra singoli od associati e loro Cooperative o Consorzi sono assistiti dalle garanzie sussidiarie previste dalle leggi vigenti in materia
L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.Art. 5
I contributi in conto capitale sono concessi fino ad un limite massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta ammissibile ed erogati previo collaudo o
accertamento effettuato dai tecnici della Regione e su presentazione di regolare fattura di acquisto di quanto ammesso a contributo.
I richiedenti sono tenuti a non mutare destinazione delle attrezzature, di macchinari e degli impianti, per tutta la durata delle singole operazioni, sotto
pena di decadenza del beneficio.
L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.Art. 6
Il concorso al pagamento degli interessi sui prestiti e mutui ed i contributi in conto capitale, sono concessi dalla Giunta regionale.
Salvo quanto previsto dall'art. 8, le domande per ottenere i finanziamenti devono essere inviate alla Giunta regionale tramite le Comunità montane
competenti per territorio o i Comuni per i territori non ricompresi in quelli delle Comunità montane. Le Comunità montane o i Comuni acquisiscono la
necessaria documentazione da inviare alla Giunta regionale unitamente alla istanza ed al parere, non oltre il 30 aprile di ogni anno.
Alle domande devono essere allegati, oltre la normale documentazione:
a) i preventivi di spesa per l'acquisto di macchine ed attrezzature mobili;
b) i progetti esecutivi completi per la esecuzione di opere e di impianti fissi;
c) i preventivi di spesa per l'acquisto o l'affitto di immobili.
L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.Art. 7
Per l'attuazione della presente legge sono autorizzati - a carico del bilancio per
l'esercizio 1981 - i seguenti limiti d'impegno:
a) lire 20 milioni con imputazione al cap. 8421 di nuova istituzione nel bilancio per l'esercizio in corso (Tit. 2 - Sez. 10 - Rubr. 43 - Cat. 3 - Tipo 21 -
Set. 12) denominato: «Contributo regionale negli interessi sui mutui quinquennali contratti per l'acquisto di attrezzature e macchinari mobili destinati alla utilizzazione industriale e commerciale dei prodotti del bosco e sottobosco, delle piante officinali ed aromatiche e di quelle mellifere»;
b) lire 160 milioni con imputazione al cap. 8422 di nuova istituzione nel bilancio per l'esercizio in corso (Tit. 2 - Sez. 10 - Rubr. 43 - Cat. 3 - Tipo 21 -
Set. 12) denominato: «Contributo regionale negli interessi sui mutui decennali contratti per l'acquisto di attrezzature e macchinari fissi e per la costruzione e l'ampliamento di impianti destinati alla utilizzazione industriale e commerciale
dei prodotti del bosco e sottobosco, delle piante officinali, aromatiche e mellifere, nonché per l'acquisto ed affitto di terreni»;
c) lire 20 milioni con imputazione al cap. 8423 di nuova istituzione nel bilancio per l'esercizio in corso (Tit. 2 - Sez. 10 - Rubr. 43 - Cat. 3 - Tipo 21 -
Set. 12) denominato: «Contributo regionale negli interessi sui mutui ventennali contratti per la ricostituzione ed il miglioramento dei boschi esistenti, per la conversione di boschi cedui in boschi d'alto fusto, per la coltivazione di specie legnose a rapido accrescimento».
Sono altresì autorizzati - a carico del bilancio 1981 - i seguenti stanziamenti per gli interventi previsti all'art. 2, lett. g), h), i), della presente legge:
d) lire 70 milioni con imputazione al cap. 8424 - di nuova istituzione nel bilancio dell'esercizio in corso (Tit. 2 - Sez. 10 - Rubr. 43 - Cat. 3 - Tipo 21 -
Set. 12) - denominato: «Contributi a favore delle tecniche di utilizzo a scopo energetico, alimentare e zootecnico dei prodotti del bosco e del sottobosco»;
e) lire 100 milioni con imputazione al cap. 8425 di nuova istituzione nel bilancio dell'esercizio in corso (Tit. 2 - Sez. 10 - Rubr. 43 - Cat. 3 - Tipo 21 -
Set. 12) denominato: «Contributi per la coltivazione, la valorizzazione, il miglioramento colturale e produttivo dei funghi, dei tartufi, dei prodotti del
sottobosco e delle piante officinali, aromatiche e mellifere, nonché per opere sistematorie di aree verdi da destinare ad uso pubblico».
Le annualità relative ai limiti di impegno di cui alle lett. a), b), e c) del primo comma del presente articolo saranno iscritte nei bilanci della Regione per gli anni dal 1981 al 1987 e ad essi si farà fronte con quota del fondo di cui alla legge 27 dicembre 1977, n. 984, assegnata all'Umbria per interventi nel settore della forestazione. Per gli anni successivi le annualità residue saranno poste a carico dello Stato ai sensi dell'art. 18 della stessa legge.
La quota dei predetti limiti di impegno eventualmente non utilizzata nell'anno 1981 costituirà economia di spesa di tale esercizio e limite d'impegno per gli esercizi successivi fino al suo esaurimento.
All'onere di lire 170 milioni per i contributi in conto capitale di cui alle lett. d) ed e) del secondo comma del presente articolo, si farà fronte con parte della disponibilità esistente nella quota assegnata all'Umbria sugli stanziamenti recati per gli anni 1978 e 1979 dalla legge 27 dicembre 1977, n. 984 per gli interventi nel settore della forestazione è reiscritta al cap. 8416 della competenza dell'esercizio 1981 a norma dell'art. 53 della L.R. 3 maggio 1978,
n. 23, legge regionale di contabilità, come modificato con legge regionale 19 luglio 1979, n. 35.
Gli interventi disposti con la presente legge sono previsti nel programma regionale pluriennale per l'attuazione della legge 27 dicembre 1977, n. 984,
approvato dal Consiglio regionale con deliberazione 23 aprile 1980, n. 1714 nell'ambito del piano agricolo nazionale adottato dal CIPAA il 13 dicembre
1979. Gli stessi interventi sono previsti nel bilancio pluriennale 1981/1983 della Regione Umbria, nel 2° settore, 2° programma, progetto F/1] (11).
(10) Il presente comma, che si omette, apporta variazioni al bilancio di previsione per il 1981, approvato con L.R. 25 marzo 1981, n. 16.
(11) L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28.Art. 8
Le domande di cui all'art. 6, per l'anno 1981, devono essere presentate entro 60 giorni dalla data di pubblicazione della presente legge nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L'intero testo della presente legge è stato abrogato dall'art. 51, comma 1, lettera e), L.R. 19 novembre 2001, n. 28. -
L.R. 2 maggio 1980, n. 38
Disciplina e valorizzazione della coltura dei funghi e dei tartufi
Pubblicata nel B.U. Umbria 7 maggio 1980, n. 29.
27 giugno 1983, n. 21 abrogata dall'febbraio 1994, n. 6La presente legge, già modificata dalla L.R. 7 marzo 1983, n. 4, dalla L.R.e dall'articolo unico, L.R. 22 gennaio 1986, n. 4, è stata art. 17, L.R. 3 novembre 1987, n. 47 e dall'art. 21, L.R. 28.
Sentenze Corte Costituzionale
-
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Francesco AMIRANTE Presidente
- Ugo DE SIERVO Giudice
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
- Alfonso QUARANTA "
- Franco GALLO "
- Luigi MAZZELLA "
- Gaetano SILVESTRI "
- Sabino CASSESE "
- Maria Rita SAULLE "
- Giuseppe TESAURO "
- Paolo Maria NAPOLITANO "
- Giuseppe FRIGO "
- Alessandro CRISCUOLO "
- Paolo GROSSI "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 18 della legge della Regione Umbria 26 maggio 2004, n. 8 (Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6 - Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), promosso dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria nei procedimenti riuniti vertenti tra il Consorzio del tartufo di Roscetti ed altri e la Comunità Montana dell'Alto Tevere Umbro ed altri con ordinanza del 5 giugno 2008, iscritta al n. 311 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 2008.
Visti gli atti di costituzione del Consorzio del tartufo di Roscetti ed
altra, di Brofferio Diego ed altro e dell'Associazione Tartufai del Comprensorio Eugubino-Gualdese;
udito nell'udienza pubblica del 21 aprile 2009 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano;
uditi gli avvocati Mario Rampini per il Consorzio del tartufo di Roscetti ed altra, Marco Massoli per Brofferio Diego ed altro.
Ritenuto in fatto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria con ordinanza del 5 giugno 2008 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 41, 42 e 117 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Umbria 26 maggio 2004, n. 8 (Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6 - Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), nella parte in cui, aggiungendo i commi 2-quater e 2-quinquies all'art. 4 della legge della Regione Umbria 28 febbraio 1994, n. 6 (Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), prevede limiti all'estensione territoriale delle tartufaie controllate o coltivate, nonché, in riferimento ai medesimi parametri, dell'art. 18 della medesima legge regionale n. 8 del 2004 nella parte in cui estende l'applicazione delle nuove norme anche alle tartufaie già riconosciute.
Il rimettente premette che la disciplina statale in materia di raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi prevede, ai sensi dell'art. 3 della legge quadro statale, 16 dicembre 1985, n. 752 (Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo), che «la raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati» e che «hanno diritto di proprietà sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano [...] purché
vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse». La Regione Umbria ha dato attuazione alla disciplina statale con la legge regionale n. 6 del 1994 che, nel suo testo originario, non poneva alcun limite alle dimensioni delle tartufaie coltivate o controllate, limiti che invece sono stati introdotti, per le tartufaie controllate, dall'art. 4 della legge n. 8 del 2004 oggetto del presente giudizio di costituzionalità. In particolare la norma censurata ha previsto, al comma 2-quater aggiunto all'art. 4 della legge regionale n. 6 del 1994, che «la superficie massima delle tartufaie controllate non può superare i tre ettari», e al comma 2-quinquies che «nei confronti di eventuali consorzi od altre forme associative tra aventi titolo alle tartufaie controllate, comunque tra loro confinanti, il limite di cui al comma 2-quater è elevato a 15 ettari». Inoltre, all'art. 18, è previsto che «entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, le tartufaie controllate costituite precedentemente dovranno essere riperimetrate».
Così delineato il quadro normativo di riferimento, il TAR dell'Umbria riferisce che i ricorrenti nel giudizio principale hanno impugnato i provvedimenti delle locali comunità montane con i quali è stata rigettata la domanda di rinnovo del riconoscimento della qualifica di tartufaie controllate per la parte di terreno eccedente il limite previsto dalle norme ora indicate, vale
a dire di quindici ettari per i consorzi e di tre ettari negli altri casi e aggiunge, in punto di rilevanza, che gli atti amministrativi impugnati risultano aderenti alle disposizioni della legge regionale e che per tale motivo «appare rilevante e non eludibile la questione di legittimità costituzionale».
Secondo il rimettente, le norme in oggetto violerebbero l'art. 117, terzo comma, Cost. in quanto, rientrando nell'ambito della competenza concorrente relativa alla valorizzazione dei beni ambientali, si porrebbero in contrasto con il principio fondamentale recato dall'art. 3 della legge quadro n. 752 del 1985 per la disciplina della raccolta libera dei tartufi, che non prevede limiti per l'individuazione delle tartufaie controllate.
Inoltre, l'introduzione dei suddetti limiti di estensione territoriale violerebbe gli artt. 3, 41 e 42 Cost. determinando una irragionevole disparità di trattamento fra il ricercatore e il proprietario del fondo, il primo dei quali si arricchirebbe ingiustamente a detrimento del secondo, potendo lucrare, oltre al giusto compenso per la propria opera di ricerca, anche il maggior valore inerente ad un bene economico alla cui produzione in nessun modo ha concorso, sottraendolo interamente al proprietario.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il Tribuna le rimettente evidenzia che i prodotti vegetali sono frutti naturali che appartengono di diritto al proprietario del fondo, quand'anche alla loro produzione non concorra l'opera dell'uomo. Il diritto di proprietà sui frutti della cosa sarebbe un principio fondamentale dello statuto della proprietà fondiaria: anzi, ne costituirebbe l'essenza, in quanto, a ben vedere, la proprietà di un terreno agricolo o boschivo consisterebbe proprio nel dritto esclusivo di appropriarsi dei frutti, anche spontanei. Pertanto, le eventuali eccezioni al principio indicato dovrebbero avere una giustificazione razionale, etica e sociale e dovrebbero comunque essere limitate. L'eccezione che ammette la libertà di raccolta di taluni prodotti spontanei quali i fiori di campo, le bacche ed erbe selvatiche e simili si baserebbe, dunque, su due presupposti: che i prodotti siano privi di un valore economico intrinseco, raccolti solo per diletto e destinati all'autoconsumo o, al più, alla cessione ad un prezzo che non eccede la modesta remunerazione dell'opera del raccoglitore, e che si possa presumere il disinteresse del
proprietario.
A questa logica sarebbe ispirata la sentenza n. 328 del 1990 con la quale la Corte ha ritenuto costituzionalmente legittima la norma che riconosce la libertà di raccolta dei tartufi, in quanto protegge le esigenze «di quella parte della popolazione che nella ricerca e raccolta dei tartufi trova un motivo di distensione ed anche di integrazione del proprio reddito».Tuttavia, a parere del rimettente, oggi la situazione sarebbe del tutto diversa, dal momento che il tartufo è diventato un bene di elevatissimo valore commerciale e, dunque, il diritto del ricercatore non dovrebbe più prevalere su quello del proprietario del fondo.
In altre parole, la normativa in esame sarebbe censurabile «perché consente al ricercatore non solo di ritrarre un giusto compenso per la propria opera, ma di lucrare il maggior valore inerente ad un bene economico alla cui produzione in nessun modo ha concorso, sottraendolo interamente al proprietario di quello che è il suo maggiore, o unico, fattore di produzione».
Da queste considerazioni, secondo il rimettente, si ricaverebbe innanzitutto una violazione, da parte delle disposizioni censurate, oltre che dell'art. 42 della Costituzione, anche dell'art. 3, in quanto vi sarebbe irragionevole disparità di trattamento fra raccoglitore e proprietario, il primo dei quali si arricchirebbe ingiustamente a detrimento del secondo.
Inoltre risulterebbe violato il principio fondamentale recato dall'art. 3 della legge quadro n. 752 del 1985 per la disciplina della raccolta libera dei rifiuti, che non prevede limiti per l'individuazione delle tartufaie controllate o coltivate. Infatti, secondo il TAR umbro, il legislatore nazionale ha bilanciato equamente i contrapposti interessi contemperando la libertà del ricercatore con la facoltà, data al proprietario del fondo, di qualificare come tartufaia controllata (con i conseguenti obblighi e diritti) tutte le superfici che ne siano
tecnicamente idonee, senza limiti di estensione.
Secondo il rimettente il legislatore regionale, con la norma censurata, in violazione della legislazione statale, avrebbe rotto l'equilibrio tra libertà di raccolta e tutela degli interessi del proprietario del fondo, esorbitando dal proprio potere di integrazione e specificazione dei contenuti della legge quadro.
Il TAR della Regione Umbria evidenzia, inoltre, che la scelta del proprietario del fondo, di istituire una «tartufaia controllata» e di chiederne il riconoscimento, non costituisce solo un atto di esercizio del diritto di proprietà (inteso a provocare l'effetto di precludere ai terzi la raccolta dei tartufi) ma rappresenta anche un atto di iniziativa economica, come risulta dalla disciplina dettata dalla legge regionale n. 6 del 1994 che subordina il riconoscimento
all'accertamento di una serie di condizioni oggettive, e all'assunzione, da parte del proprietario, dell'impegno di effettuare una serie di interventi (ovviamente onerosi) di miglioramento, manutenzione ed incremento il cui mancato adempimento comporta la revoca del riconoscimento (art. 9, comma 6) oltre ad una sanzione pecuniaria (art. 20).
In questa luce, l'esclusività del diritto di raccogliere i tartufi accordata al titolare della tartufaia controllata, sembrerebbe correlata, non solo e non tanto, al diritto di proprietà, quanto al fatto che i tartufi sono considerati il risultato di un'attività produttiva programmata, organizzata e dispendiosa. Di conseguenza, la disposizione introdotta dalla legge regionale n. 8 del 2004, inciderebbe non solo sul diritto di proprietà (art. 42 della Costituzione) ma anche sulla libertà d'impresa (art. 41) impedendo al proprietario di assumere un'iniziativa economica con investimenti e lavoro, a fronte della prospettiva di
un utile.
Il rimettente, in subordine, solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 della legge regionale n. 8 del 2004 che, anziché far salve le tartufaie controllate riconosciute anteriormente alla sua entrata in vigore, ha assoggettato anche queste ultime alla nuova disciplina, ordinandone la riperimetrazione. In tal modo risulterebbero compromesse le legittime aspettative maturate dai titolari per effetto non solo e non tanto degli atti amministrativi di riconoscimento, ma anche e soprattutto degli investimenti già effettuati e dei lavori compiuti, circostanze che renderebbero ancor più evidenti le violazioni degli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione.
2.1. – Con atti depositati il 27 ottobre 2008 si sono costituiti in giudizio, rispettivamente, il Consorzio del tartufo di Roscetti, Brofferio Diego e Brofferio Alfredo, in proprio e quali legali rappresentanti dell'Azienda Agraria “Il palazzetto”, e l'Azienda Agraria Ganovelli Franco e Giorgio, parti del giudizio a quo, chiedendo la declaratoria di incostituzionalità delle norme censurate dal TAR dell'Umbria.
In fatto tutte le parti sopraindicate, ricorrenti nel giudizio a quo, dichiarano che la Comunità Montana con i provvedimenti impugnati, in applicazione della nuova normativa, ha rigettato la loro richiesto di rinnovo del riconoscimento della qualifica di tartufaia controllata per la parte di terreno eccedente il limite previsto dalle norme censurate, vale a dire di quindici ettari per i consorzi e di tre ettari negli altri casi.
Le parti private evidenziano che, in passato, al fine di ottenere il suddetto riconoscimento per i loro terreni, hanno posto in essere ingenti investimenti volti a soddisfare le richieste della Regione, cui era subordinato appunto il rilascio dell'attestato di tartufaia controllata, tanto da poter affermare che si è trattato di investimenti per una vera e propria attività imprenditoriale ed anche di ragguardevoli dimensioni. Pertanto la disposizione introdotta
dall'art. 4 della legge regionale n. 8 del 2004, sull'estensione massima delle tartufaie controllate, verrebbe ad applicarsi anche nei confronti di soggetti che rivestono una particolare posizione, qualificata e consolidata in ragione di una struttura imprenditoriale di rilevanti dimensioni, venutasi a creare esclusivamente sul presupposto del particolare regime di privativa sulla produzione dei tartufi che la legge statale n. 752 del 1985 e la precedente legge regionale conferivano in via generale alle tartufaie controllate ed in particolare alle imprese agricole e forestali.
In tal modo, verrebbe attuata, di fatto, una vera e propria espropriazione di una parte significativa, se non addirittura essenziale, dell'intera struttura aziendale coincidente con la predisposizione di tutte le migliori condizioni per la produzione dei tartufi, incidendo in modo determinante sull'esercizio del diritto di impresa per effetto della eliminazione in via autoritativa della disponibilità esclusiva dei fattori della produzione.
Tale forma di espropriazione, tuttavia, oltre a non prevedere alcun indennizzo con violazione dell'art. 42 Cost., non sarebbe nemmeno contemplata da una legge statale, così come richiesto dal riparto di competenze legislative sancito dalla Costituzione.
Il legislatore regionale avrebbe anche violato il riparto di competenze di cui all'art. 117 Cost., secondo comma, lettera l), che riserva in via esclusiva allo Stato la materia dell'ordinamento civile, in quanto, per effetto della disciplina regionale, il diritto di proprietà sui tartufi, riconosciuto dalla normativa statale, verrebbe a decadere per la semplice decorrenza del termine quinquennale.
Sotto un ulteriore profilo, inoltre, l'illegittimità costituzionale della normativa regionale di riferimento discenderebbe anche dalla mancata previsione di una esplicita norma diretta ad imporre un'applicazione non retroattiva dei limiti posti all'attività imprenditoriale (nella specie, attraverso l'indiscriminata riduzione del comprensorio territoriale interessato dalla
tartufaia controllata), limiti che altrimenti costituirebbero una palese violazione del principio di libertà di iniziativa economica privata (art. 41 Cost.).
L'effettivo e sostanziale riconoscimento, invece, del diritto di libertà di iniziativa economica da parte del privato non avrebbe potuto che discendere dal doveroso mantenimento di una situazione produttiva ed imprenditoriale venutasi a creare facendo legittimo affidamento su un determinato status quo sia di fatto che di diritto.
2.2. – Con atto depositato il 27 ottobre 2008 si è costituita in giudizio l'Associazione Tartufai del Comprensorio Eugubino-Gualdese, a mezzo del suo Presidente e legale rappresentante, chiedendo che le questioni sollevate dal TAR dell'Umbria siano dichiarate inammissibili o infondate.
Secondo quest'altra parte privata, interveniente ad opponendum nel giudizio a quo, le questioni oggetto del presente giudizio sarebbero state già state valutate dalla Corte costituzionale quando, con la sentenza n. 212 del 2006, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge regionale n. 8 del 2004 in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettere l) e s), e terzo comma, della Costituzione.
In tale occasione la Corte, muovendo dall'evidente genericità della definizione di tartufaia controllata fornita dall'art. 3 della legge quadro n. 752 del 1985, ha affermato come «non possa ritenersi precluso alle Regioni, in base alle regole di riparto della competenza nelle materie di legislazione concorrente, fissare requisiti e limiti delle tartufaie controllate in relazione alla specificità del territorio regionale, onde evitare una eccessiva compressione del principio fondamentale della libera raccolta nei boschi e nei terreni non coltivati, precisando altresì che detta regolamentazione non incide di per sé sul regime di proprietà dei tartufi, che, al contrario, resta disciplinato dalle norme di principio dettate dalla legislazione statale ed in particolare dall'art. 3 della legge n. 752 del 1985».
Pertanto sarebbe del tutto errato il presupposto interpretativo del remittente secondo il quale il legislatore regionale, introducendo limiti dimensionali alle tartufaie controllate, non si sarebbe limitato ad integrare e specificare i contenuti della legge quadro, bensì avrebbe posto una limitazione non compatibile con la filosofia della legge statale. In realtà il principio fondamentale desumibile dall'art. 3 della legge n.752 del 1985, contrariamente a quanto prospettato dall'ordinanza di rimessione, sarebbe, infatti, quello della libera raccolta dei tartufi nei boschi e nei terreni non coltivati, principio che dovrebbe prevalere nel bilanciamento tra l'interesse dei conduttori e dei proprietari delle tartufaie e l'interesse dei raccoglitori.
L'art. 4 della legge regionale n. 8 del 2004 sarebbe una mera norma di dettaglio che, lungi dall'imporre arbitrariamente limitazioni al diritto di proprietà sui tartufi, si limiterebbe, conformemente alla delega contenuta all'art. 1 della legge quadro, all'individuazione di un limite perimetrale massimo all'estensione delle tartufaie controllate.
Infine, con riferimento alla sospetta violazione dell'art. 41 della Costituzione, risulterebbe evidente come l'attività posta in essere dai proprietari delle tartufaie controllate sia, in realtà, un'attività di esigue proporzioni, che, in quanto tale, non rientra nella libertà di iniziativa economica di cui all'art. 41 della Costituzione.
Parimenti priva di qualsivoglia fondamento sarebbe l'eccezione di illegittimità costituzionale dell'art. 18 della stessa legge regionale, che applica i limiti dimensionali introdotti dall'art. 4 alle tartufaie già riconosciute, ordinandone la riperimetrazione entro un anno dall'entrata in vigore della legge. Quelle dei proprietari sarebbero situazioni giuridiche soggettive che non assumono la consistenza di diritti quesiti, non essendo espressione di interessi giuridici consolidati, ma in divenire, ovvero situazioni la cui asserita lesione da parte del legislatore regionale si rivela palesemente inidonea a fondare la sollevata eccezione di incostituzionalità.
In ogni caso, il termine fissato dall'art. 18, comma 2, della legge regionale predisporrebbe una tutela sufficiente per i proprietari dei terreni adibiti a tartufaie controllate, consentendo un graduale e progressivo ridimensionamento di quest'ultime.
In prossimità dell'udienza, il Consorzio del tartufo di Roscetti ha presentato una memoria con la quale ha ribadito le proprie argomentazioni a favore dell'accoglimento della questione di costituzionalità sollevata dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria.
Considerato in diritto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria dubita della legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 41, 42 e 117 della Costituzione, dell'art. 4 della legge della Regione Umbria 26 maggio 2004, n. 8 (Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6 - Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), nella parte in cui, aggiungendo i commi 2-quater e 2-quinquies all'art. 4 della legge della Regione Umbria 28 febbraio 1994, n. 6 (Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), prevede limiti all'estensione territoriale delle tartufaie controllate o coltivate, nonché, in riferimento ai medesimi parametri, dell'art. 18 della medesima legge regionale, nella parte in cui estende l'applicazione delle nuove norme anche alle tartufaie già riconosciute.
Secondo il rimettente, le norme in oggetto violerebbero l'art. 117, terzo comma, Cost. in quanto, rientrando nell'ambito della competenza concorrente relativa alla valorizzazione dei beni ambientali, si porrebbero in contrasto con il principio fondamentale recato dall'art. 3 della legge quadro statale, 16 dicembre 1985, n. 752 (Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo), per la disciplina della raccolta libera dei tartufi, che non prevede limiti per l'individuazione delle tartufaie controllate o coltivate. Inoltre, l'introduzione dei suddetti limiti di estensione territoriale violerebbe gli artt. 3, 41 e 42 Cost., determinando una irragionevole disparità di
trattamento fra il ricercatore e il proprietario del fondo, il primo dei quali si arricchirebbe ingiustamente a detrimento del secondo, potendo lucrare, oltre al giusto compenso per la propria opera di ricerca, anche il maggior valore inerente ad un bene economico alla cui produzione in nessun modo ha concorso, sottraendolo interamente al proprietario.
Il TAR dell'Umbria, sul presupposto che la raccolta dei tartufi sia un'attività produttiva, ritiene violato anche l'art. 41 Cost., in quanto le disposizioni introdotte dalla legge regionale, nel porre limiti estremamente restrittivi all'estensione delle tartufaie controllate, inciderebbero sulla libertà d'impresa, impedendo al proprietario di assumere iniziative economiche con investimenti e lavoro, a fronte della prospettiva di un utile.
In subordine, il rimettente ripropone le stesse censure nei confronti dell'art. 18 della legge regionale n. 8 del 2004 che, anziché far salve le tartufaie controllate riconosciute anteriormente alla sua entrata in vigore, ha ordinato la loro riperimetrazione entro un anno dall'entrata in vigore della legge, assoggettandole così alla nuova disciplina in violazione degli artt. 3, 41 e 42 Cost.. La norma comprometterebbe le legittime aspettative dei titolari dei fondi, maturate per effetto non solo e non tanto degli atti amministrativi di riconoscimento, ma anche e soprattutto degli investimenti già effettuati e dei lavori compiuti.
2. – Le questioni non sono fondate.
Questa Corte ha già affermato che l'ambito materiale al quale si deve
ascrivere la disciplina della raccolta dei tartufi, che è oggetto della legge regionale n. 8 del 2004, è quello della valorizzazione dei beni ambientali, di competenza concorrente, ciò in quanto «il patrimonio tartuficolo costituisce una risorsa ambientale della Regione, suscettibile di razionale sfruttamento, la cui valorizzazione compete perciò alla Regione medesima, ai sensi dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione, nel rispetto dei principi fondamentali dettati dal legislatore statale» (sentenza n. 212 del 2006). In tale occasione la Corte ha anche delimitato la portata del principio fondamentale della materia, secondo il quale «la raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati» (art. 3 della legge n. 752 del 1985), precisando che, secondo il legislatore statale, coessenziale all'affermazione di tale libertà è la sua limitazione al solo ambito dei boschi e dei terreni non coltivati, nell'ottica di un ragionevole bilanciamento tra le esigenze «di
quella parte della popolazione che nella ricerca e raccolta dei tartufi trova un motivo di distensione ed anche di integrazione del proprio reddito (sentenza n. 328 del 1990) e la necessità di difendere il patrimonio ambientale dal rischio di danni irreparabili e di tutelare altresì i diritti dei proprietari dei fondi» (sentenza n. 212 del 2006).
La Corte ha, poi, precisato che la legge quadro n. 752 del 1985, all'art.3, quinto comma, si limita a definire le tartufaie controllate come «tartufaie naturali migliorate e incrementate con la messa a dimora di un congruo numero di piante tartufigene» e, che, stante l'evidente genericità di tale definizione, di per sé insuscettibile di pratica applicazione, non può che spettare alle Regioni, in base alle regole di riparto della competenza nelle materie di legislazione concorrente, la normativa di dettaglio diretta alla concreta individuazione dei requisiti per il riconoscimento di tartufaia controllata. In particolare, «in mancanza di qualsiasi enunciazione di principio, nella legge statale, riguardo alla estensione delle suddette tartufaie controllate, non può certamente ritenersi precluso alle medesime Regioni di fissare limiti massimi, in relazione alle specifiche caratteristiche del territorio regionale, onde evitare una eccessiva compressione del principio fondamentale della libera raccolta nei boschi e nei terreni non coltivati» (sentenza n. 212 del 2006).
In conclusione, con riferimento alla prima censura relativa alla violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost., deve escludersi l'esistenza, nella legislazione statale, di un principio fondamentale, quale quello elaborato dal rimettente, secondo il quale sarebbe vietato al legislatore regionale prevedere limiti territoriali per l'estensione delle tartufaie controllate.
Quanto alle altre censure relative agli artt. 3, 41 e 42 Cost., con le quali si lamenta l'irragionevole e illegittima compressione del diritto di proprietà e del diritto di libera iniziativa economica dei titolari delle tartufaie controllate, va in primo luogo richiamata la sentenza di questa Corte n. 328 del 1990, con la quale si è negata la violazione dell'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, per la mancata previsione da parte del legislatore statale di un indennizzo o di un compenso a favore dei proprietari di terreni non coltivati o di boschi a fronte del mancato riconoscimento del loro diritto esclusivo di
proprietà sui tartufi.
Con tale sentenza la Corte ha ribadito che «detta violazione non si verifica allorquando, come nella fattispecie, i limiti posti alla proprietà privata si riferiscano ai modi di godimento di intere categorie di beni, specie nell'ambito della attuazione della funzione sociale che deve svolgere il diritto di proprietà per la tutela accordata ad interessi sociali e quindi pubblici che fanno capo alla generalità dei cittadini». La funzione sociale che persegue il principio della libera raccolta dei tartufi è, come già dianzi
accennato, quella «di salvaguardare un patrimonio ambientale di grande valore, specie a favore di quella parte della popolazione che nella ricerca e raccolta dei tartufi trova un motivo di distensione ed anche di integrazione del proprio reddito» (sentenza n. 328 del 1990).
Le motivazioni ora riferite, che sono state poste a base del rigetto della questione relativa alla mancanza di indennizzo per i proprietari dei boschi e dei terreni non coltivati in violazione dell'art. 42, terzo comma, Cost, ben possono estendersi anche alla presunta violazione dell'art. 41 Cost., dovendosi ritenere non configurabile una lesione della libertà d'iniziativa economica allorché l'apposizione di limiti di ordine generale al suo esercizio corrisponda all'utilità sociale. Ciò che conta è che, per un verso, l'individuazione dell'utilità sociale, come ora motivata, non appaia arbitraria e che, per altro verso, gli interventi del
legislatore non la perseguano mediante misure palesemente incongrue (sentenza n. 548 del 1990).
Va, altresì, considerato che l'espressione «boschi e terreni non coltivati», di cui all'art. 3 della legge quadro, richiamata anche dalle leggi regionali di attuazione, deve essere letta insieme alle norme del codice civile (artt. 841 e 842 cod. civ.) e alle leggi sulla caccia e che, pertanto, è vietato raccogliere liberamente i tartufi oltre che nei terreni coltivati (per i quali, peraltro, la censurata legge regionale non prevede limiti dimensionali) anche nei fondi chiusi e recintati, secondo le previsioni del codice civile e, comunque, nelle aziende faunistico-venatorie che sono chiuse con recinzioni, barriere o palizzate secondo le previsioni delle leggi regionali sulla caccia (sentenza n. 328 del 1990). In tali ultimi casi, dunque, il diritto di proprietà sui tartufi è riservato dal legislatore a tutti coloro che hanno diritti di godimento o di proprietà sul fondo, anche se non vi sia stata alcuna apposizione di tabelle recanti il divieto di raccolta di tartufi, non essendo consentita, secondo l'interpretazione che questa Corte ha dato delle norme applicabili, la libera raccolta.
La limitazione introdotta dal legislatore regionale all'estensione territoriale delle tartufaie controllate non risulta, quindi, né irragionevole né contrastante con gli artt. 41 e 42 Cost. in quanto, come si è detto, la stessa risponde all'esigenza di evitare una eccessiva compressione del principio fondamentale della libera raccolta nei boschi e nei terreni non coltivati e compie un non censurabile bilanciamento tra i diritti dei proprietari o conduttori dei fondi (che potranno escludere l'accesso agli estranei chiudendo il fondo) e l'utilità sociale correlata alla possibilità di libera raccolta nei boschi e nei terreni non coltivati così come sopra restrittivamente individuati. Infine, anche l'ultima questione sollevata dal TAR in relazione all'art.18 della legge della Regione Umbria n. 8 del 2004 che impone, entro un anno dall'entrata in vigore della legge, una riperimetrazione delle tartufaie controllate costituite precedentemente, non è fondata. Il regime transitorio ora indicato non è irragionevole posto che «se da una parte il legislatore, per salvaguardare posizioni acquisite e temperare le conseguenze dell'impatto di una nuova normativa, può dettare norme transitorie intese a mantenere ferme disposizioni abrogate per situazioni precedenti
l'entrata in vigore della nuova legge, dall'altra, per non cadere nell'irrazionalità e non ledere norme costituzionali, deve evitare che la disciplina differenziata si estenda a categorie così vaste e senza limiti di tempo con l'effetto di realizzare non il graduale e sollecito subentro della nuova normativa, ma un notevole svuotamento del contenuto di quest'ultima, lasciando nell'ordinamento sine die una duplicità di discipline diverse e parallele per le stesse disposizioni»
(sentenza n. 378 del 1994).
D'altra parte, laddove fosse prevista per le tartufaie controllate già riconosciute la non applicabilità sine die dei nuovi limiti territoriali, si determinerebbe una evidente disparità di trattamento tra coloro che si sono avvalsi del regime più favorevole e coloro che, invece, devono subire il limite introdotto dalle norme censurate, con l'ulteriore effetto che il differente trattamento potrebbe determinare effetti distorsivi sul mercato, con lesione del
principio della concorrenza.
Né può essere lamentata una sproporzione talmente marcata tra la normativa a regime e la disposizione transitoria da trasmodare in irragionevolezza, posto che il comma 5 dell'art. 9 della medesima legge regionale prevede che «il riconoscimento delle tartufaie controllate ha validità quinquennale» ed il censurato comma 2 dell'art.18 della legge regionale n. 8 del 2004 prevede che la riperimetrazione debba avvenire entro il termine di un anno.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 18 della legge della Regione Umbria 26 maggio 2004, n. 8 (Ulteriori modificazioni ed integrazioni della legge regionale 28 febbraio 1994, n. 6 - Disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 41, 42 e 117, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo dell'Umbria con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 18 maggio 2009.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Paolo Maria NAPOLITANO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 29 maggio 2009.
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Corte Costituzionale
Raccolta libera dei tartufi:
- ambiti territoriali
- questione di legittimità costituzionale: infondatezza
1. Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 2, lettera a), e 4 della L.R. 26 maggio 2004, n. 8, Regione Umbria, censurati per contrasto con l'art. 117 Cost., commi secondo, lettere l) ed s), e terzo. L'art. 2, lettera a), non supera i limiti fissati dalla norma di principio statale in quanto non amplia, rispetto a quanto previsto nella legge-quadro statale L. 16 dicembre 1985, n. 752, gli ambiti territoriali in cui è libera la raccolta dei tartufi. L'art. 4, definendo il requisito della "presenza diffusa", ai fini del riconoscimento delle tartufaie controllate, e stabilendo limiti massimi di superficie, non contrasta con la legge quadro L. n. 752 del 1985, che contiene una definizione generica, insuscettibile di pratica applicazione, delle tartufaie controllate e deve, pertanto, essere integrata dalla norma di dettaglio regionale che individua in concreto i requisiti per il riconoscimento.
Sent. n. 212 del 01-06-2006,
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SENTENZA N.328
ANNO 1990REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente
Prof. Francesco SAJA,
Giudici
Prof. Giovanni CONSO
Prof. Ettore GALLO
Dott. Aldo CORASANITI
Prof. Giuseppe BORZELLINO
Dott. Francesco GRECO
Prof. Renato DELL'ANDRO
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752 (Normativa-quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo) e 2 e 6 della legge regionale dell'Umbria 3 novembre 1987, n. 47 (Norme concernenti la disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), promosso con ordinanza emessa il 7 giugno 1989 dal T.A.R. dell'Umbria sui ricorsi riuniti proposti da Torlonia Annamaria contro la Regione Umbria ed altri, iscritta al n. 68 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale dell'anno 1990.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e della Regione Umbria;
udito nella camera di consiglio del 23 maggio 1990 il Giudice relatore Francesco Greco.
Ritenuto in fatto
1. - La concessionaria dell'azienda faunistico-venatoria "Schifanoia" instaurava dinanzi al T.A.R. dell'Umbria tre giudizi, poi riuniti, nei confronti della Regione Umbria e della Comunità Montana dell'Alto Chiascio, di impugnazione del provvedimento con cui si era rigettata la sua richiesta di tabellamento del fondo per escludervi la raccolta di tartufi, nonchè di alcune autorizzazioni per la raccolta rilasciate dalla detta Comunità Montana e della delibera della Giunta regionale umbra relativa a termini e modalità di presentazione di richieste di rilascio di autorizzazioni per la ricerca di tartufi nella suddetta azienda.
Il T.A.R. sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge statale 16 dicembre 1985, n. 752, e degli artt. 2 e 6 della legge regionale dell'Umbria 3 novembre 1987, n. 47, in riferimento agli artt. 42, secondo e terzo comma, e 117 della Costituzione.
1.2. - Secondo il giudice remittente l'art. 3 della legge n. 752 del 1985 e l'art. 2 della legge regionale n. 47 del 1987, di identico contenuto, i quali sanciscono la libertà della raccolta dei tartufi nei boschi e nei terreni incolti e la possibilità di riservarsi la proprietà dei tartufi raccolti solo per i proprietari delle tartufai coltivate o controllate, prevederebbero una sottrazione originaria del bene al legittimo proprietario del tutto sproporzionata rispetto all'interesse generale perseguito, posto che sarebbe stato più ragionevole ed equo prevedere la libera ricerca solo nel caso di inerzia del proprietario del terreno nella raccolta.
Invece, le disposizioni censurate consentirebbero al proprietario di riservarsi la raccolta dei tartufi solo se sopportasse il gravoso onere di apportare miglioramenti ed incrementi della coltivazione, mentre nessun onere sarebbe imposto ai terzi.
La menomazione del diritto di proprietà urterebbe contro il precetto costituzionale citato perchè non sarebbe previsto alcun indennizzo o compenso che, invece, si sarebbe dovuto prevedere vertendosi in una situazione di vero e proprio trasferimento forzoso di beni ed utilità a vantaggio di terzi.
1.3 - L'art. 6 della legge regionale n. 47 del 1987, il quale reca una disciplina particolare per la ricerca dei tartufi nelle aziende faunistico-venatorie, violerebbe gli artt. 117 e 42 della Costituzione, in quanto estenderebbe il regime della libera raccolta anche nei terreni delle dette aziende, limitando ulteriormente il diritto di proprietà e venendo così ad incidere nei rapporti intersoggettivi, la cui regolamentazione é preclusa al legislatore regionale.
2.- Il giudice a quo ha ritenuto le questioni sollevate rilevanti, in quanto la eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate condurrebbe alla caducazione delle autorizzazioni di raccolta dei tartufi rilasciate dalla Comunità Montana e alla impossibilità di rilasciarne altre, oltre che al riconoscimento a favore della parte privata della facoltà di tabellazione del fondo.
3.- L'ordinanza, ritualmente comunicata e notificata, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
4.- Nel giudizio sono intervenuti sia il Presidente del Consiglio dei ministri che il Presidente della Giunta regionale umbra, rappresentati entrambi dall'Avvocatura generale dello Stato.
Essa ha preliminarmente eccepito la inammissibilità per irrilevanza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge n. 752 del 1985, posto che solo la legge regionale (art. 6) estende il regime della libera raccolta dei tartufi anche alle aziende faunistico-venatorie, ponendosi in contrasto, secondo il giudice a quo, con gli artt. 117 e 42 della Costituzione.
La censura sarebbe, inoltre, affetta da contraddittorietà stante la inconciliabilità della denuncia della norma statale, sotto il profilo dell'art. 42 della Costituzione, con quella concernente la norma regionale, sotto il profilo dell'art. 117 della Costituzione, norme separatamente individuate come fonte esclusiva della regolamentazione lesiva. La contraddittorietà renderebbe inammissibili le questioni nei termini in cui sono state prospettate.
Secondo la difesa delle interventrici, 1,interpretazione fornita dal giudice a quo sarebbe errata in quanto anche dai lavori preparatori risulta che il regime della libera raccolta si era voluto anche per le aziende faunistico-venatorie, le quali non implicano alcuna coltivazione dei fondi, ma postulano la conservazione dell'ambiente naturale ivi esistente.
Sarebbe inconferente la censura che attiene al profilo della mancata previsione di un indennizzo o della facoltà del proprietario dei fondi sui quali insistono le aziende faunistico-venatorie di riservarsi la raccolta dei tartufi, in considerazione dell'oggetto dei giudizi a quibus, concernenti l'esclusione dei terzi dalla ricerca e raccolta.
La ricerca nei terreni non coltivati costituisce l'oggetto di un uso civico a favore di una determinata collettività, mentre, nel caso di gestione di una tartufaia coltivata o controllata, occorre tenere conto degli oneri che sopporta il proprietario onde, rispetto all'altra ipotesi, risulta giustificata la riserva a suo favore della raccolta dei tartufi. pertanto, la scelta del legislatore é pienamente ragionevole, in conformità alla tradizione vigente in materia ed agli interessi generali perseguiti, coerentemente con il disposto dell'art. 44 della Costituzione.
Considerato in diritto
1. - Il T.A.R. dell'Umbria dubita della legittimità costituzionale:
a) degli artt. 3 della legge statale 16 dicembre 1985, n. 752, e 2 della legge regionale dell'Umbria 3 novembre 1987, n. 47, nella parte in cui sanciscono la libera raccolta dei tartufi nei boschi e nei terreni non coltivati e la possibilità di riserva della proprietà degli stessi solo in favore di chi gestisce tartufaie coltivate o controllate, in quanto risulterebbe violato l'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, perchè le dette disposizioni, a fronte di una sottrazione originaria del bene al legittimo proprietario, non prevedono alcuna forma di indennizzo, e, irrazionalmente, consentono al proprietario dei terreni la possibilità della riserva della raccolta solo sopportando i rilevanti oneri economici per la coltivazione e il controllo delle tartufaie, oneri che, invece, non incontrano i terzi ammessi alla libera raccolta;
b) dell'art. 6 della legge regionale n. 47 del 1987, in quanto, estendendo il regime della libera raccolta dei tartufi anche ai terreni in cui si trovano le aziende faunistico-venatorie, violerebbe gli artt. 117 e 42 della Costituzione, perchè attua una disciplina di rapporti interprivati sottratti alla potestà normativa regionale.
2. - Le questioni non sono fondate per quanto si dirà.
La legge quadro n. 752 del 1985 detta nuove norme in materia di raccolta, coltivazione e commercio di tartufi freschi o conservati destinati al commercio. Essa, ovviando alla insufficienza e alla inadeguatezza della precedente legge n. 568 del 1970, persegue la finalità di salvaguardare un patrimonio ambientale di grande valore, specie a favore di quella parte della popolazione che nella ricerca e raccolta dei tartufi trova un motivo di distensione ed anche di integrazione del proprio reddito.
La nuova disciplina è più adeguata alla rilevanza economica della attività che si protegge ed evita che la raccolta indisciplinata produca l'estinzione delle tartufaie e danni irreparabili al patrimonio ambientale.
Inoltre, si sono tutelati anche gli interessi delle popolazioni che ne traggono vantaggio, le loro consuetudini e gli eventuali usi civici.
La normativa statale fornisce i principi ed i criteri per la disciplina di dettaglio che spetta alle Regioni nell'esercizio della potestà legislativa in materia di conservazione del patrimonio naturale e dell'assetto ambientale.
La detta legge quadro sancisce la libera raccolta dei tartufi nei boschi e nei terreni non coltivati; riconosce a tutti coloro che hanno diritti di godimento sul fondo o che vi conducono tartufaie, coltivate o controllate, il diritto di proprietà sui tartufi ivi prodotti, autorizzandoli ad apporre apposite tabelle.
La raccolta non è consentita, quindi, nei terreni coltivati e, anche in base alle norme contenute nel codice civile (artt. 841 e 842), nei fondi chiusi, specie nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia.
Non sussiste la dedotta lesione dell'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, per la mancata previsione da parte del legislatore statale di un indennizzo o di un compenso a favore del proprietario di terreni non coltivati o di boschi.
Si è, invero, più volte affermato (sentenze della Corte costituzionale nn. 6 del 1966, 55 e 56 del 1968, 245 del 1976) che la detta violazione non si verifica allorquando, come nella fattispecie, i limiti posti alla proprietà privata si riferiscano ai modi di godimento di intere categorie di beni, specie nell'ambito della attuazione della funzione sociale che deve svolgere il diritto di proprietà per la tutela accordata ad interessi sociali e quindi pubblici che fanno capo alla generalità dei cittadini.
Per quanto riguarda la illegittimità costituzionale dell'art. 6 della legge n. 47 del 1987, si osserva che con detta disposizione si è inteso disciplinare, nell'ambito della legislazione di dettaglio che compete alla Regione, la raccolta dei tartufi nei terreni soggetti anche a uso civico, al vincolo connesso alla attività venatoria nonchè nelle aziende faunistico-venatorie.
Per queste ultime si sono previsti dei limiti alla libera raccolta e cioè l'autorizzazione della Comunità Montana competente per territorio, l'audizione del legale rappresentante della concessionaria o del proprietario, l'ammissione di un numero limitato di raccoglitori con due soli cani, i turni della raccolta, le modalità di accesso nei soli giorni di silenzio venatorio.
La disciplina in esame va anzitutto coordinata con quella specifica delle aziende faunistico-venatorie rientrante in quella più ampia della caccia dettata con la legge statale n. 968 del 1977, la legge regionale dell'Umbria n. 21 del 1986, ed il regolamento regionale 7 agosto 1986, n. 2.
L'art. 36 della legge statale stabilisce che le aziende faunistico- venatorie, o derivate dalle riserve di caccia o di nuova costituzione, hanno come scopo il mantenimento, l'organizzazione e il miglioramento degli ambienti naturali anche ai fini dell'incremento della fauna selvatica.
La disciplina riguarda le aziende di rilevante interesse naturalistico e faunistico con particolare riferimento alla tipica fauna alpina, alla grossa selvaggina europea e alla fauna acquatica.
Si demanda alle Regioni il coordinamento e l'approvazione dei piani annuali di ripopolamento e di abbattimento della selvaggina compatibili con le finalità naturalistiche e faunistiche nonchè l'indicazione dei criteri di gestione.
La Regione Umbria ha, da ultimo, emanato la legge n. 21 del 1986 ed il regolamento n. 2 del 1986.
Si sono previste tre categorie di aziende venatorie (art. 25 della legge n. 21 del 1986 e art. 2 del regolamento) a seconda della proprietà dei terreni e delle specie degli animali.
Si è specificamente sancito (art. 25, sesto comma, della legge regionale) che la concessione per l'allevamento del cinghiale e degli ungulati è rilasciata a condizione che i terreni a ciò destinati siano delimitati da barriere naturali o artificiali insuperabili dalla selvaggina allevata e tabellati (art. 11 del regolamento), mentre l'art. 6 del regolamento regola la idoneità del territorio.
Ora, la disciplina della raccolta dei tartufi di cui all'art. 6 della legge regionale deve essere anzitutto ispirata ai principi della legge quadro, peraltro, ripetuti nella stessa legge regionale (art. 2 della legge regionale n. 47 del 1987) secondo cui la raccolta è libera nei boschi e nei terreni non coltivati e, limitatamente alle aziende faunistico-venatorie esistenti nei detti luoghi, con le modalità di cui all'art. 6 della stessa legge regionale innanzi richiamata; mentre è vietata nei terreni coltivati e nei fondi chiusi e recintati e, comunque, nelle aziende faunistico-venatorie che ivi insistono e che sono chiuse con recinzioni, barriere o palizzate secondo le previsioni della legge regionale sulla caccia e pedissequo regolamento ribadite nella concessione.
Pertanto, le concessionarie di aziende faunistico-venatorie che si trovano in terreni coltivati o che, ovunque site, hanno un perimetro chiuso con recinzioni o barriere o palizzate non hanno alcun interesse alla apposizione di tabelle recanti il divieto di raccolta di tartufi, non essendo in esse consentita, secondo l'interpretazione che si è data delle norme applicabili, la libera raccolta.
Non sono fondate le censure sollevate dell'art. 6 della legge regionale n. 47 del 1987, in quanto la Regione ha emanato la legislazione di dettaglio secondo i principi e i criteri della legge quadro statale, nell'esercizio di una competenza propria. Ha poi correttamente coordinato la disciplina della raccolta dei tartufi nelle aziende faunistico-venatorie con la disciplina specifica delle stesse dettata dalla legge quadro statale e dalla legge regionale sulla caccia e dal regolamento delle aziende faunistico-venatorie.
Non ha regolato affatto rapporti intersoggettivi di diritto privato nè, in particolare, ha emanato norme incidenti sul diritto di proprietà di dette aziende.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata , nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 della legge 16 dicembre 1985, n. 752 (Normativa-quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo) e 2 e 6 della legge regionale dell'Umbria 3 novembre 1987, n. 47 (Norme concernenti la disciplina della raccolta, coltivazione, conservazione e commercio dei tartufi), in riferimento agli artt. 42, secondo e terzo comma, e 117 della Costituzione, sollevata dal Tribunale amministrativo regionale con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/06/90.
Francesco SAJA, PRESIDENTE
Francesco GRECO, REDATTORE
Depositata in cancelleria il 13/07/90.
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LEGGE N. 162, DEL 15 MAGGIO 1991
"Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo"
[modifica la Legge n. 752, del 16 Dicembre 1985]
Articolo 1
Le regioni, in attuazione dell'articolo 1 della Legge 22 Luglio 1975, n. 382, nonché del disposto di cui agli articoli 66 e 69 del decreto del Presidente della Repubblica 24 Luglio 1977, n. 616, provvedono a disciplinare con propria Legge la raccolta, la coltivazione e la commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel rispetto dei principi fondamentali e dei criteri stabiliti dalla presente Legge.
Sono fatte salve le competenze che nella suddetta materia hanno le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.
È fatta, altresì, salva la vigente normativa di carattere generale concernente la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande di cui alla Legge 30 Aprile 1962, n. 283, e relativo regolamento di esecuzione.
Articolo 2
I tartufi destinati al consumo da freschi devono appartenere ad uno dei seguenti generi e specie, rimanendo vietato il commercio di qualsiasi altro tipo:
Tuber magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco;
Tuber melanosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero pregiato;
Tuber brumale var. moschatum De Ferry, detto volgarmente tartufo moscato;
Tuber aestivum Vitt., detto volgarmente tartufo d'estate o scorzone;
Tuber uncinatum Chatin, detto volgarmente tartufo uncinato
Tuber brumale Vitt., detto volgarmente tartufo nero d'inverno o trifola nera
Tuber borchii Vitt. o Tuber albidum Pico, detto volgarmente bianchetto o marzuolo;
Tuber macrosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero liscio;
Tuber mesentericum Vitt., detto volgarmente tartufo nero ordinario.
Le caratteristiche botaniche ed organolettiche delle specie commerciali sopraindicate sono riportate nell'Allegato 1 che fa parte integrante della presente Legge.
L'esame per l'accertamento delle specie può essere fatto a vista in base alle caratteristiche illustrate nell'Allegato 1 e, in caso di dubbio o contestazione, con esame microscopico delle spore eseguito a cura del Centro Sperimentale di Tartuficoltura di Sant'Angelo in Vado del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, o del Centro per lo studio della micologia del terreno del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Torino o dei laboratori specializzati delle Facoltà di Scienze Agrarie o Forestali o di Scienze Naturali dell'Università mediante rilascio di certificazione scritta.
Articolo 3
La raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati.
Hanno diritto di proprietà sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano; tale diritto di proprietà si estende a tutti i tartufi, di qualunque specie essi siano, purché vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse.
Le tabelle devono essere poste ad almeno 2,50 metri di altezza dal suolo, lungo il confine del terreno, ad una distanza tale da essere visibili da ogni punto di accesso ed in modo che da ogni cartello sia visibile il precedente ed il successivo, con la scritta a stampatello ben visibile da terra: "Raccolta di tartufi riservata".
Le regioni, su richiesta di coloro che ne hanno titolo, rilasciano le attestazioni di riconoscimento delle tartufaie controllate o coltivate.
Per tartufaie controllate si intendono le tartufaie naturali migliorate ed incrementate con la messa a dimora di un congruo numero di piante tartufigene; si intendono invece per tartufaie coltivate quelle impiantate ex novo.
Nulla è innovato in merito a quanto disposto dagli articolo 4 della Legge 16 Giugno 1927, n. 1766, ed articolo 9 del Regio Decreto 26 Febbraio 1928, n. 332.
Articolo 4
I titolari di aziende agricole e forestali o coloro che a qualsiasi titolo le conducano possono costituire consorzi volontari per la difesa del tartufo, la raccolta e la commercializzazione nonché per l'impianto di nuove tartufaie.
Nel caso di contiguità dei loro fondi la tabellazione può essere limitata alla periferia del comprensorio consorziato.
I consorzi possono usufruire dei contributi e dei mutui previsti per i singoli conduttori di tartufaie. Le tabelle sia nei fondi singoli che in quelli consorziati non sono sotoste a tassa di registro.
Articolo 5
Per praticare la raccolta del tartufo, il raccoglitore deve sottoporsi ad un esame per l'accertamento della sua idoneità.
Sono esentati dalla prova d'esame coloro che sono già muniti del tesserino alla data di entrata in vigore della presente Legge.
Le regioni sono pertanto tenute ad emanare norme in merito al rilascio, a seguito del sopracitato esame, di apposito tesserino di idoneità con cui si autorizza a praticare la ricerca e la raccolta del tartufo.
Sul tesserino devono essere riportate le generalità e la fotografia.
L'età minima dei raccoglitori non deve essere inferiore ai quattordici anni.
Le autorizzazioni di raccolta hanno valore sull'intero territorio nazionale.
La ricerca, da chiunque eseguita, deve essere effettuata con l'ausilio del cane a ciò addestrato e lo scavo, con l'apposito attrezzo (vanghetto o vanghella), deve essere limitato al punto ove il cane lo abbia iniziato.
Non sono soggetti agli obblighi di cui ai precedenti commi i raccoglitori di tartufi su fondi di loro proprietà.
È in ogni caso vietato:
la lavorazione andante del terreno nel periodo di raccolta dei tartufi;
la raccolta dei tartufi immaturi;
la non riempitura delle buche aperte per la raccolta;
la ricerca e la raccolta del tartufo durante le ore notturne da un'ora dopo il tramonto ad un'ora prima dell'alba, salve diverse disposizioni regionali in relazione ad usanze locali.
Articolo 6
Le regioni provvedono a disciplinare la tutela e la valorizzazione del patrimonio tartufigeno pubblico.
Le regioni provvedono, inoltre, ad emanare, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente Legge, norme per la disciplina degli orari, dei calendari e delle modalità di raccolta e per la vigilanza.
La raccolta è consentita normalmente nei periodi sotto indicati:
Tuber magnatum, dal 1° Ottobre al 31 Dicembre;
Tuber melanosporum, dal 15 Novembre al 15 Marzo;
Tuber brumale var. moschatum, dal 15 Novembre al 15 Marzo;
Tuber aestivum, dal 1° Maggio al 30 Novembre;
Tuber uncinatum Chatin, dal 1° Ottobre al 31 Dicembre;
Tuber brumale, dal 1° Gennaio al 15 Marzo;
Tuber albidum o Borchii, dal 15 Gennaio al 30 Aprile;
Tuber macrosporum, dal 1° Settembre al 31 Dicembre;
Tuber mesentericum, dal 1° Settembre al 31 Gennaio.
Le regioni possono provvedere, con apposita ordinanza, a variare il calendario di raccolta sentito il parere di centri di ricerca specializzati di cui all'articolo 2.
È comunque vietata ogni forma di commercio delle varie specie di tartufo fresco nei periodi in cui non è consentita la raccolta.
Articolo 7
I tartufi freschi, per essere posti in vendita al consumatore, devono essere distinti per specie e varietà, ben maturi e sani, liberi da corpi estranei ed impurità.
I tartufi interi devono essere tenuti separati dai tartufi spezzati.
I "pezzi" ed il "tritume" di tartufo devono essere venduti separatamente, senza terra e materie estranee, distinti per specie e varietà.
Sono considerate "pezzi" le porzioni di tartufo di dimensione superiore a centimetri 0,5 di diametro e "tritume" quelle di dimensione inferiore.
Sui tartufi freschi interi, in pezzi o in tritume, esposti al pubblico per la vendita, deve essere indicato, su apposito cartoncino a stampa, il nome latino ed italiano di ciascuna specie e varietà, secondo la denominazione ufficiale riportata nell'articolo 2, e la zona geografica di raccolta. La delimitazione della zona deve essere stabilita con provvedimento dell'Amministrazione regionale, sentite le Amministrazioni provinciali.
Articolo 8
La lavorazione del tartufo, per la conservazione e la successiva vendita, può essere effettuata:
dalle ditte iscritte alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel settore delle industrie produttrici di conserve alimentari, e soltanto per le specie indicate nell'Allegato 2;
dai consorzi indicati nell'articolo 4;
da cooperative di conservazione e commercializzazione del tartufo.
Articolo 9
I tartufi conservati sono posti in vendita in recipienti ermeticamente chiusi, muniti di etichetta portante il nome della ditta che li ha confezionati, la località ove ha sede lo stabilimento, il nome del tartufo in latino ed in italiano secondo la denominazione indicata nell'articolo 2 ed attenendosi alla specificazione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 7, la classifica ed il peso netto in grammi dei tartufi sgocciolati, nonché l'indicazione di "pelati" quando i tartufi sono stati liberati dalla scorza.
Articolo 10
I tartufi conservati sono classificati come nell'Allegato 2, che fa parte integrante della presente Legge.
Articolo 11
I tartufi conservati sono confezionati con aggiunta di acqua e sale o soltanto di sale, restando facoltativa l'aggiunta di vino, liquore o acquavite, la cui presenza deve essere denunciata nell'etichetta, e debbono essere sotosti a sterilizzazione a circa 120° centigradi per il tempo necessario in rapporto al formato dei contenitori.
L'impiego di altre sostanze, purché non nocive alla salute, oltre quelle citate, o un diverso sistema di preparazione e conservazione, deve essere indicato sull'etichetta con termini appropriati e comprensibili.
È vietato in ogni caso l'uso di sostanze coloranti.
Articolo 12
Il peso netto indicato nella confezione deve corrispondere a quello dei tartufi sgocciolati con una tolleranza massima del 5%.
Articolo 13
Il contenuto dei barattoli e flaconi deve presentare le seguenti caratteristiche:
liquido di governo o di copertura limpido, di colore scuro nel Tuber melanosporum, brumale, moschatum, e giallastro più o meno scuro nel Tuber magnatum, aestivum, uncinatum, mesentericum;
profumo gradevole e sapore appetitoso tipico della specie;
assenza di terra, di sabbia, di vermi e di altre materie estranee;
esatta corrispondenza con la specie e classifica indicate nell'etichetta.
Articolo 14
È vietato porre in commercio tartufi conservati in recipienti senza etichetta, o immaturi, o non sani, o non ben puliti, o di specie diversa da quelle indicate nell'articolo 2, o di qualità o caratteristiche diverse da quelle indicate nell'etichetta o nella corrispondente classifica riportata nell'Allegato 2, annesso alla presente Legge.
Articolo 15
La vigilanza sull'applicazione della presente Legge è affidata agli agenti del Corpo Forestale dello Stato.
Sono inoltre incaricati di far rispettare la presente Legge le guardie venatorie provinciali, gli organi di polizia locale urbana e rurale, le guardie giurate volontarie designate da cooperative, consorzi, enti e associazioni che abbiano per fine istituzionale la protezione della natura e la salvaguardia dell'ambiente.
Gli agenti giurati debbono possedere i requisiti determinati dall'articolo 138 del testo unico delle Leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio Decreto 18 Giugno 1931, n. 773, e prestare giuramento davanti al prefetto.
Articolo 16
Per le violazioni della presente Legge è ammesso il pagamento con effetto liberatorio per tutti gli obbligati di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione personale o, se questa non vi sia stata, dalla notificazione.
Detta oblazione è esclusa nei casi in cui non è consentita dalle norme penali.
Le regioni, per le somme introitate dalle violazioni della presente Legge, istituiranno apposito capitolo di bilancio.
Articolo 17
Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente Legge e da quelle regionali in materia, sono autorizzate ad istituire una tassa di concessione regionale annuale, ai sensi dell'articolo 3 della Legge 16 Maggio 1970, n. 281, per il rilascio dell'abilitazione di cui all'articolo 5. Il versamento sarà effettuato in modo ordinario sul conto corrente postale intestato alla tesoreria della regione.
La tassa di concessione di cui sopra non si applica ai raccoglitori di tartufi su fondi di loro proprietà o, comunque, da essi condotti, né ai raccoglitori che, consorziati ai sensi dell'articolo 4, esercitino la raccolta sui fondi di altri appartenenti al medesimo consorzio.
Articolo 18
Ogni violazione delle norme della presente Legge, fermo restando l'obbligo della denunzia all'autorità giudiziaria per i reati previsti dal codice penale ogni qualvolta ne ricorrano gli estremi, comporta la confisca del prodotto ed è punita con sanzione amministrativa e pecuniaria.
La Legge regionale determina misure e modalità delle sanzioni amministrative e pecuniarie per ciascuna delle seguenti violazioni:
la raccolta in periodo di divieto o senza ausilio del cane addestrato o senza attrezzo idoneo o senza il tesserino prescritto;
la lavorazione andante del terreno e l'apertura di buche in soprannumero o non riempite con la terra prima estratta per decara di terreno lavorato e per ogni cinque buche o frazione di cinque aperte e non riempite a regola d'arte;
la raccolta nelle aree rimboschite per un periodo di anni quindici;
la vendita al mercato pubblico dei tartufi senza l'osservanza delle norme prescritte;
la raccolta di tartufi immaturi;
la raccolta dei tartufi durante le ore notturne;
il commercio dei tartufi freschi fuori dal periodo di raccolta;
la messa in commercio di tartufi conservati senza l'osservanza delle norme prescritte salvo che il fatto non costituisca delitto a norma degli articoli 515 e 516 del codice penale;
la raccolta di tartufi nelle zone riservate ai sensi degli articolo 3 ed articolo 4.
Per le violazioni degli articoli 515 e 516 del codice penale, copia del verbale è trasmessa dall'amministrazione provinciale alla pretura competente per territorio.
Articolo 19
Le regioni, entro un anno dalla entrata in vigore della presente Legge, devono adeguare la propria legislazione in materia.
Articolo 20
La Legge 17 Luglio 1970, n. 568, è abrogata.
Allegato 1
Caratteristiche botaniche e organolettiche delle specie commerciabili.
Tuber magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco (o anche tartufo bianco del Piemonte o di Alba e tartufo bianco di Acqualagna). Ha peridio o scorza non verrucosa ma liscia, di colore giallo chiaro o verdicchio, e gleba o polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, con venature chiare fini e numerose che scompaiono con la cottura. Ha spore ellittiche o arrotondate, largamente reticolate o alveolate, riunite fino a quattro negli aschi. Emana un forte profumo gradevole. Matura da Ottobre a fine Dicembre.
Tuber melanosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero pregiato (o anche tartufo nero di Norcia o di Spoleto). Ha peridio o scorza nera rugosa con verruche minute, poligonali, e gleba o polpa nero-violacea a maturazione, con venature bianche fini che divengono un po' rosseggianti all'aria e nere con la cottura. Ha spore ovali bruno scure opache a maturità, aculeate non alveolate, riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta anche solo di 2-3. Emana un delicato profumo molto gradevole. Matura da metà Novembre a metà Marzo.
Tuber brumale var. moschatum De Ferry, detto volgarmente tartufo moscato. Ha peridio o scorza nera con piccole verruche molto basse e gleba o polpa scura con larghe vene bianche; è di grossezza mai superiore ad un uovo. Ha spore aculeate non alveolate spesso in numero di cinque per asco. Emana un forte profumo e ha sapore piccante. Matura da Febbraio a Marzo.
Tuber aestivum Vitt., detto volgarmente tartufo d'estate o scorzone. Ha peridio o scorza grossolanamente verrucosa di colore nero, con verruche grandi piramidate, e gleba o polpa dal giallastro al bronzeo, con venature chiare e numerose, arborescenti, che scompaiono nella cottura. Ha spore ellittiche, irregolarmente alveolate, scure, riunite in 1-2 per asco presso a poco sferico. Emana debole profumo. Matura da Giugno a Novembre.
Tuber uncinatum Chatin, detto volgarmente tartufo uncinato o tartufo nero. Ha verruche poco sviluppate e gleba o polpa dal colore nocciola scuro al cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Ha spore ellittiche, con reticolo ben pronunciato, ampiamente alveolate riunite in asco in numero fino a cinque, che presentano papille lunghe e ricurve ad uncino. Emana un profumo gradevole. Matura da Settembre a Dicembre.
Tuber brumale Vitt., detto volgarmente tartufo nero d'inverno o trifola nera. Ha peridio o scorza rosso scuro che diviene nera a maturazione, con verruche piramidate e gleba o polpa grigio-nerastra debolmente violacea, con venature bianche ben marcate che scompaiono con la cottura assumendo tutta la polpa un colore cioccolata più o meno scuro. Ha spore ovali brune, traslucide a maturità, aculeate non alveolate, riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta anche meno, più piccole di quelle del Tuber melanosporum e meno scure. Emana poco profumo. Matura da Gennaio a tutto Marzo.
Tuber borchii Vitt. o Tuber albidum Pico, detto volgarmente bianchetto o marzuolo. Ha peridio o scorza liscia di colore biancastro tendente al fulvo e gleba o polpa chiara tendente al fulvo fino al violaceo-bruno con venature numerose e ramose. Ha spore leggermente ellittiche regolarmente alveolate o reticolate a piccole maglie riunite in aschi fino a 4. Emana un profumo tendente un po' all'odore dell'aglio. Matura da metà Gennaio a metà Aprile.
Tuber macrosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero liscio. Ha peridio o scorza quasi liscia con verruche depresse, di colore bruno rossastro e gleba bruna tendente al porpureo con venature larghe numerose e chiare, brunescenti all'aria. Ha spore ellittiche, irregolarmente reticolate e alveolate riunite in aschi peduncolati in numero di 1-3. Emana un gradevole profumo agliaceo piuttosto forte. Matura da Agosto ad Ottobre.
Tuber mesentericum Vitt., detto volgarmente tartufo nero ordinario (o anche tartufo nero di Bagnoli). Ha peridio o scorza nera con verruche più piccole del tartufo d'estate, gleba o polpa di colore giallastro o grigio-bruno con vene chiare labirintiformi che scompaiono con la cottura. Ha spore ellittiche grosse imperfettamente alveolate riunite in 1-3 per asco. Emana un debole profumo. Matura da Settembre ai primi di Maggio.
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LEGGE N. 752 DEL 16 DICEMBRE 1985
“Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo”
[modificata dalla Legge n. 162, del 17 Maggio 1991]
Articolo 1
Le regioni, in attuazione dell'articolo 1 della Legge 22 Luglio 1975, n. 382, nonché del disposto di cui agli articoli 66 e 69 del decreto del Presidente della Repubblica 24 Luglio 1977, n. 616, provvedono a disciplinare con propria Legge la raccolta, la coltivazione e la commercializzazione dei tartufi freschi o conservati nel rispetto dei principi fondamentali e dei criteri stabiliti dalla presente Legge.
Sono fatte salve le competenze che nella suddetta materia hanno le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano.
È fatta, altresì, salva la vigente normativa di carattere generale concernente la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande di cui alla Legge 30 Aprile 1962, n. 283, e relativo regolamento di esecuzione.
Articolo 2
I tartufi destinati al consumo da freschi devono appartenere ad uno dei seguenti generi e specie, rimanendo vietato il commercio di qualsiasi altro tipo:
Tuber magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco;
Tuber melanosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero pregiato;
Tuber brumale var. moschatum De Ferry, detto volgarmente tartufo moscato;
Tuber aestivum Vitt., detto volgarmente tartufo d'estate o scorzone;
Tuber uncinatum Chatin, detto volgarmente tartufo uncinato;
Tuber brumale Vitt., detto volgarmente tartufo nero d'inverno o trifola nera
Tuber borchii Vitt. o Tuber albidum Pico, detto volgarmente bianchetto o marzuolo;
Tuber macrosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero liscio;
Tuber mesentericum Vitt., detto volgarmente tartufo nero ordinario.
Le caratteristiche botaniche ed organolettiche delle specie commerciali sopraindicate sono riportate nell' Allegato 1 che fa parte integrante della presente Legge.
L'esame per l'accertamento delle specie può essere fatto a vista in base alle caratteristiche illustrate nell'Allegato 1 e, in caso di dubbio o contestazione, con esame microscopico delle spore eseguito a cura del Centro Sperimentale di Tartuficoltura di Sant'Angelo in Vado del Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste, o del Centro per lo studio della micologia del terreno del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Torino o dei laboratori specializzati delle Facoltà di Scienze Agrarie o Forestali o di Scienze Naturali dell'Università mediante rilascio di certificazione scritta.
Articolo 3
La raccolta dei tartufi è libera nei boschi e nei terreni non coltivati.
Hanno diritto di proprietà sui tartufi prodotti nelle tartufaie coltivate o controllate tutti coloro che le conducano; tale diritto di proprietà si estende a tutti i tartufi, di qualunque specie essi siano, purché vengano apposte apposite tabelle delimitanti le tartufaie stesse.
Le tabelle devono essere poste ad almeno 2,50 metri di altezza dal suolo, lungo il confine del terreno, ad una distanza tale da essere visibili da ogni punto di accesso ed in modo che da ogni cartello sia visibile il precedente ed il successivo, con la scritta a stampatello ben visibile da terra: "Raccolta di tartufi riservata".
Le regioni, su richiesta di coloro che ne hanno titolo, rilasciano le attestazioni di riconoscimento delle tartufaie controllate o coltivate.
Per tartufaie controllate si intendono le tartufaie naturali migliorate ed incrementate con la messa a dimora di un congruo numero di piante tartufigene; si intendono invece per tartufaie coltivate quelle impiantate ex novo.
Nulla è innovato in merito a quanto disposto dagli articolo 4 della Legge 16 Giugno 1927, n. 1766, ed articolo 9 del Regio Decreto 26 Febbraio 1928, n. 332.
Articolo 4
I titolari di aziende agricole e forestali o coloro che a qualsiasi titolo le conducano possono costituire consorzi volontari per la difesa del tartufo, la raccolta e la commercializzazione nonché per l'impianto di nuove tartufaie.
Nel caso di contiguità dei loro fondi la tabellazione può essere limitata alla periferia del comprensorio consorziato.
I consorzi possono usufruire dei contributi e dei mutui previsti per i singoli conduttori di tartufaie. Le tabelle sia nei fondi singoli che in quelli consorziati non sono sottoposte a tassa di registro.
Articolo 5
Per praticare la raccolta del tartufo, il raccoglitore deve sottoporsi ad un esame per l'accertamento della sua idoneità.
Sono esentati dalla prova d'esame coloro che sono già muniti del tesserino alla data di entrata in vigore della presente Legge.
Le regioni sono pertanto tenute ad emanare norme in merito al rilascio, a seguito del sopracitato esame, di apposito tesserino di idoneità con cui si autorizza a praticare la ricerca e la raccolta del tartufo.
Sul tesserino devono essere riportate le generalità e la fotografia.
L'età minima dei raccoglitori non deve essere inferiore ai quattordici anni.
Le autorizzazioni di raccolta hanno valore sull'intero territorio nazionale.
La ricerca, da chiunque eseguita, deve essere effettuata con l'ausilio del cane a ciò addestrato e lo scavo, con l'apposito attrezzo (vanghetto o vanghella), deve essere limitato al punto ove il cane lo abbia iniziato.
Non sono soggetti agli obblighi di cui ai precedenti commi i raccoglitori di tartufi su fondi di loro proprietà.
È in ogni caso vietato:
la lavorazione andante del terreno nel periodo di raccolta dei tartufi;
la raccolta dei tartufi immaturi;
la non riempitura delle buche aperte per la raccolta;
la ricerca e la raccolta del tartufo durante le ore notturne da un'ora dopo il tramonto ad un'ora prima dell'alba, salve diverse disposizioni regionali in relazione ad usanze locali.
Articolo 6
Le regioni provvedono a disciplinare la tutela e la valorizzazione del patrimonio tartufigeno pubblico.
Le regioni provvedono, inoltre, ad emanare, entro sei mesi dalla entrata in vigore della presente Legge, norme per la disciplina degli orari, dei calendari e delle modalità di raccolta e per la vigilanza.
La raccolta è consentita normalmente nei periodi sottoindicati:
Tuber magnatum, dal 1° Ottobre al 31 Dicembre;
Tuber melanosporum, dal 15 Novembre al 15 Marzo;
Tuber brumale var. moschatum, dal 15 Novembre al 15 Marzo;
Tuber aestivum, dal 1° Maggio al 30 Novembre;
Tuber uncinatum Chaten, dal 1° Ottobre al 31 Dicembre;
Tuber brumale, dal 1° Gennaio al 15 Marzo;
Tuber albidum o Borchii, dal 15 Gennaio al 30 Aprile;
Tuber macrosporum, dal 1° Settembre al 31 Dicembre;
Tuber mesentericum, dal 1° Settembre al 31 Gennaio.
Le regioni possono provvedere, con apposita ordinanza, a variare il calendario di raccolta sentito il parere di centri di ricerca specializzati di cui all'articolo 2.
È comunque vietata ogni forma di commercio delle varie specie di tartufo fresco nei periodi in cui non è consentita la raccolta.
Articolo 7
I tartufi freschi, per essere posti in vendita al consumatore, devono essere distinti per specie e varietà, ben maturi e sani, liberi da corpi estranei ed impurità.
I tartufi interi devono essere tenuti separati dai tartufi spezzati.
I "pezzi" ed il "tritume" di tartufo devono essere venduti separatamente, senza terra e materie estranee, distinti per specie e varietà.
Sono considerate "pezzi" le porzioni di tartufo di dimensione superiore a centimetri 0,5 di diametro e "tritume" quelle di dimensione inferiore.
Sui tartufi freschi interi, in pezzi o in tritume, esposti al pubblico per la vendita, deve essere indicato, su apposito cartoncino a stampa, il nome latino ed italiano di ciascuna specie e varietà, secondo la denominazione ufficiale riportata nell'articolo 2, e la zona geografica di raccolta. La delimitazione della zona deve essere stabilita con provvedimento dell'Amministrazione regionale, sentite le Amministrazioni provinciali.
Articolo 8
La lavorazione del tartufo, per la conservazione e la successiva vendita, può essere effettuata:
dalle ditte iscritte alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, nel settore delle industrie produttrici di conserve alimentari, e soltanto per le specie indicate nell'Allegato 2;
dai consorzi indicati nell'articolo 4;
da cooperative di conservazione e commercializzazione del tartufo.
Articolo 9
I tartufi conservati sono posti in vendita in recipienti ermeticamente chiusi, muniti di etichetta portante il nome della ditta che li ha confezionati, la località ove ha sede lo stabilimento, il nome del tartufo in latino ed in italiano secondo la denominazione indicata nell'articolo 2 ed attenendosi alla specificazione contenuta nell'ultimo comma dell'articolo 7, la classifica ed il peso netto in grammi dei tartufi sgocciolati, nonché l'indicazione di "pelati" quando i tartufi sono stati liberati dalla scorza.
Articolo 10
I tartufi conservati sono classificati come nell'Allegato 2, che fa parte integrante della presente Legge.
Articolo 11
I tartufi conservati sono confezionati con aggiunta di acqua e sale o soltanto di sale, restando facoltativa l'aggiunta di vino, liquore o acquavite, la cui presenza deve essere denunciata nell'etichetta, e debbono essere sottoposti a sterilizzazione a circa 120° centigradi per il tempo necessario in rapporto al formato dei contenitori.
L'impiego di altre sostanze, purché non nocive alla salute, oltre quelle citate, o un diverso sistema di preparazione e conservazione, deve essere indicato sull'etichetta con termini appropriati e comprensibili.
È vietato in ogni caso l'uso di sostanze coloranti.
Articolo 12
Il peso netto indicato nella confezione deve corrispondere a quello dei tartufi sgocciolati con una tolleranza massima del 5%.
Articolo 13
Il contenuto dei barattoli e flaconi deve presentare le seguenti caratteristiche:
liquido di governo o di copertura limpido, di colore scuro nel Tuber melanosporum, brumale, moschatum, e giallastro più o meno scuro nel Tuber magnatum, aestivum, uncinatum, mesentericum;
profumo gradevole e sapore appetitoso tipico della specie;
assenza di terra, di sabbia, di vermi e di altre materie estranee;
esatta corrispondenza con la specie e classifica indicate nell'etichetta.
Articolo 14
È vietato porre in commercio tartufi conservati in recipienti senza etichetta, o immaturi, o non sani, o non ben puliti, o di specie diversa da quelle indicate nell'articolo 2, o di qualità o caratteristiche diverse da quelle indicate nell'etichetta o nella corrispondente classifica riportata nell'Allegato 2, annesso alla presente Legge.
Articolo 15
La vigilanza sull'applicazione della presente Legge è affidata agli agenti del Corpo Forestale dello Stato.
Sono inoltre incaricati di far rispettare la presente Legge le guardie venatorie provinciali, gli organi di polizia locale urbana e rurale, le guardie giurate volontarie designate da cooperative, consorzi, enti e associazioni che abbiano per fine istituzionale la protezione della natura e la salvaguardia dell'ambiente.
Gli agenti giurati debbono possedere i requisiti determinati dall'articolo 138 del testo unico delle Leggi di pubblica sicurezza approvato con Regio Decreto 18 Giugno 1931, n. 773, e prestare giuramento davanti al prefetto.
Articolo 16
Per le violazioni della presente Legge è ammesso il pagamento con effetto liberatorio per tutti gli obbligati di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione personale o, se questa non vi sia stata, dalla notificazione.
Detta oblazione è esclusa nei casi in cui non è consentita dalle norme penali.
Le regioni, per le somme introitate dalle violazioni della presente Legge, istituiranno apposito capitolo di bilancio.
Articolo 17
Le regioni, per conseguire i mezzi finanziari necessari per realizzare i fini previsti dalla presente Legge e da quelle regionali in materia, sono autorizzate ad istituire una tassa di concessione regionale annuale, ai sensi dell'articolo 3 della Legge 16 Maggio 1970, n. 281, per il rilascio dell'abilitazione di cui all'articolo 5. Il versamento sarà effettuato in modo ordinario sul conto corrente postale intestato alla tesoreria della regione.
La tassa di concessione di cui sopra non si applica ai raccoglitori di tartufi su fondi di loro proprietà o, comunque, da essi condotti, né ai raccoglitori che, consorziati ai sensi dell'articolo 4, esercitino la raccolta sui fondi di altri appartenenti al medesimo consorzio.
Articolo 18
Ogni violazione delle norme della presente Legge, fermo restando l'obbligo della denunzia all'autorità giudiziaria per i reati previsti dal codice penale ogni qualvolta ne ricorrano gli estremi, comporta la confisca del prodotto ed è punita con sanzione amministrativa e pecuniaria.
La Legge regionale determina misure e modalità delle sanzioni amministrative e pecuniarie per ciascuna delle seguenti violazioni:
la raccolta in periodo di divieto o senza ausilio del cane addestrato o senza attrezzo idoneo o senza il tesserino prescritto;
la lavorazione andante del terreno e l'apertura di buche in soprannumero o non riempite con la terra prima estratta per decara di terreno lavorato e per ogni cinque buche o frazione di cinque aperte e non riempite a regola d'arte;
la raccolta nelle aree rimboschite per un periodo di anni quindici;
la vendita al mercato pubblico dei tartufi senza l'osservanza delle norme prescritte;
la raccolta di tartufi immaturi;
la raccolta dei tartufi durante le ore notturne;
il commercio dei tartufi freschi fuori dal periodo di raccolta;
la messa in commercio di tartufi conservati senza l'osservanza delle norme prescritte salvo che il fatto non costituisca delitto a norma degli articoli 515 e 516 del codice penale;
la raccolta di tartufi nelle zone riservate ai sensi degli articolo 3 ed articolo 4.
Per le violazioni degli articoli 515 e 516 del codice penale, copia del verbale è trasmessa dall'amministrazione provinciale alla pretura competente per territorio.
Articolo 19
Le regioni, entro un anno dalla entrata in vigore della presente Legge, devono adeguare la propria legislazione in materia.
Articolo 20
La Legge 17 Luglio 1970, n. 568, è abrogata.
Allegato 1
Caratteristiche botaniche e organolettiche delle specie commerciabili.
Tuber magnatum Pico, detto volgarmente tartufo bianco (o anche tartufo bianco del Piemonte o di Alba e tartufo bianco di Acqualagna). Ha peridio o scorza non verrucosa ma liscia, di colore giallo chiaro o verdicchio, e gleba o polpa dal marrone al nocciola più o meno tenue, talvolta sfumata di rosso vivo, con venature chiare fini e numerose che scompaiono con la cottura. Ha spore ellittiche o arrotondate, largamente reticolate o alveolate, riunite fino a quattro negli aschi. Emana un forte profumo gradevole. Matura da Ottobre a fine Dicembre.
Tuber melanosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero pregiato (o anche tartufo nero di Norcia o di Spoleto). Ha peridio o scorza nera rugosa con verruche minute, poligonali, e gleba o polpa nero-violacea a maturazione, con venature bianche fini che divengono un po' rosseggianti all'aria e nere con la cottura. Ha spore ovali bruno scure opache a maturità, aculeate non alveolate, riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta anche solo di 2-3. Emana un delicato profumo molto gradevole. Matura da metà Novembre a metà Marzo.
Tuber brumale var. moschatum De Ferry, detto volgarmente tartufo moscato. Ha peridio o scorza nera con piccole verruche molto basse e gleba o polpa scura con larghe vene bianche; è di grossezza mai superiore ad un uovo. Ha spore aculeate non alveolate spesso in numero di cinque per asco. Emana un forte profumo e ha sapore piccante. Matura da Febbraio a Marzo.
Tuber aestivum Vitt., detto volgarmente tartufo d'estate o scorzone. Ha peridio o scorza grossolanamente verrucosa di colore nero, con verruche grandi piramidate, e gleba o polpa dal giallastro al bronzeo, con venature chiare e numerose, arborescenti, che scompaiono nella cottura. Ha spore ellittiche, irregolarmente alveolate, scure, riunite in 1-2 per asco presso a poco sferico. Emana debole profumo. Matura da Giugno a Novembre.
Tuber uncinatum Chatin, detto volgarmente tartufo uncinato o tartufo nero. Ha verruche poco sviluppate e gleba o polpa dal colore nocciola scuro al cioccolato, con numerose venature ramificate chiare. Ha spore ellittiche, con reticolo ben pronunciato, ampiamente alveolate riunite in asco in numero fino a cinque, che presentano papille lunghe e ricurve ad uncino. Emana un profumo gradevole. Matura da Settembre a Dicembre.
Tuber brumale Vitt., detto volgarmente tartufo nero d'inverno o trifola nera. Ha peridio o scorza rosso scuro che diviene nera a maturazione, con verruche piramidate e gleba o polpa grigio-nerastra debolmente violacea, con venature bianche ben marcate che scompaiono con la cottura assumendo tutta la polpa un colore cioccolata più o meno scuro. Ha spore ovali brune, traslucide a maturità, aculeate non alveolate, riunite in aschi nel numero di 4-6 e talvolta anche meno, più piccole di quelle del Tuber melanosporum e meno scure. Emana poco profumo. Matura da Gennaio a tutto Marzo.
Tuber borchii Vitt. o Tuber albidum Pico, detto volgarmente bianchetto o marzuolo. Ha peridio o scorza liscia di colore biancastro tendente al fulvo e gleba o polpa chiara tendente al fulvo fino al violaceo-bruno con venature numerose e ramose. Ha spore leggermente ellittiche regolarmente alveolate o reticolate a piccole maglie riunite in aschi fino a 4. Emana un profumo tendente un po' all'odore dell'aglio. Matura da metà Gennaio a metà Aprile.
Tuber macrosporum Vitt., detto volgarmente tartufo nero liscio. Ha peridio o scorza quasi liscia con verruche depresse, di colore bruno rossastro e gleba bruna tendente al porpureo con venature larghe numerose e chiare, brunescenti all'aria. Ha spore ellittiche, irregolarmente reticolate e alveolate riunite in aschi peduncolati in numero di 1-3. Emana un gradevole profumo agliaceo piuttosto forte. Matura da Agosto ad Ottobre.
Tuber mesentericum Vitt., detto volgarmente tartufo nero ordinario (o anche tartufo nero di Bagnoli). Ha peridio o scorza nera con verruche più piccole del tartufo d'estate, gleba o polpa di colore giallastro o grigio-bruno con vene chiare labirintiformi che scompaiono con la cottura. Ha spore ellittiche grosse imperfettamente alveolate riunite in 1-3 per asco. Emana un debole profumo. Matura da Settembre ai primi di Maggio.
Legge Quadro
Ordinanze
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Descrizione e cani e gatti, la Regione Umbria detta le nuove regole
Più volte era stata richiesta una normativa che unificasse le varie Leggi esistenti in Umbria circa la detenzione dei cani e di altri animali da affezione.
La Regione ha quindi elaborato un provvedimento chiarificatore che punta ad armonizzare le confusioni che in passato venivano generate al riguardo.lemento